martedì 13 settembre 2016

Il Palazzo della Prefettura a Bologna
Sarà per il red carpet che copre le antiche scale di palazzo Caprara-Montpensier, sarà per le alte volte e l´austerità che emanano gli stucchi, sarà per il sentore d´autorità prefettizia, fatto sta che si resta intimiditi. E una volta fra le sontuose stanze, con l´impressione di varcare un angolo di città proibita, ci si accorge che forse l´effetto è provocato dai fantasmi di tutta la nobiltà europea che ha dormito e soggiornato tra quelle mura, da Napoleone al cognato Eugenio Beauharnais, dai reali di Svezia agli Orleans-Montpensier fino ai Brignole di Genova e, in epoca recente, ai presidenti della Repubblica, da Einaudi a Napolitano.
Per scacciare quest´aria di santuario, è stata fortemente  voluta la monografia sul palazzo, pubblicata dalla Bup  e curata dallo storico Angelo Varni, affiancato da studiosi come Giancarlo Roversi, Marzio Dall´Acqua, Daniela Sinigallesi, Andrea Emiliani ed Elena Musiani. Questa dell´apertura alla città è una scelta voluta proprio per cancellare l´aura di castello inaccessibile che coglie i bolognesi passando davanti alla facciata seicentesca di piazza Roosevelt.
Nel Palazzo della Prefettura importanti  le mostre sui presepi, sulla storia degli alpini e, da ultima, quella sugli abiti d´epoca, gli stessi che sono passati frusciando nelle stanze ora del Governo. C´è persino la veste talare indossata dal cardinal Caprara quando pose la corona di re d´Italia sulla volitiva testa di Napoleone e alcuni degli indumenti degli Orleans. «Per i presepi sono stati quindicimila, per la giornata del Fai duemilacinquecento, e per gli abiti sono già migliaia...» si puà leggere sfogliando i lasciti scritti dei visitatori. La frase più importante recita:  «Chiunque può visitare queste stanze, basta chiederlo».
Molti l´hanno già fatto entrando nell´appartamento presidenziale dov´erano di casa Spadolini e Cossiga, il salone della Guardia, restaurato nel dopoguerra, il salotto della regina dove campeggia un Guercino, la camera dove dormì Napoleone e la moglie Giuseppina Beauharnais con ai lati quattro colonne sormontate da altrettante aquile, e la sala riunioni con un lampadario di Murano capolavoro di fine Settecento. E nei corridoi un Carracci oltre a un Tintoretto.

Ma quello dei quadri è un tasto dolente. «I regnanti di Svezia, quando vendettero ai Brignole, si tennero la collezione, ora al palazzo reale di Stoccolma», all´appello mancano pure la collezione di arazzi finiti all´ambasciata spagnola presso la Santa sede e la serie di ceramiche del Minghetti. se ci fossero anche quelli: sarebbe  molto più di un museo», 

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