domenica 30 ottobre 2016

I VINI DI FORLI’

I Vini della Romagna
Il vino in Romagna da sempre è simbolo di ospitalità e convivialità. Oggi tuttavia l'enologia romagnola vuol essere anche portavoce di un territorio, caratterizzandosi per l”offerta di qualità. Nella fascia collinare e pedemontana della Provincia
di Forlì - Cesena, grazie alla posizione favorevole tra Appennino e pianura, si è sviluppata una gloriosa tradizione vitivinicola, che si trova in una fase di interessante sviluppo qualitativo sia in vigna che in cantina. E l”impegno dei produttori locali per assicurare al vino romagnolo una rinnovata immagine ha trovato in tempi recenti riscontro in numerosi riconoscimenti ottenuti dalle etichette made in Romagna. Dei cinque vini romagnoli, due vitigni (Sangiovese e Trebbiano) sono i più diffusi nel territorio nazionale, padri maggioritari di molti vini, anche di grande pregio. Gli altri (Albana, Pagadebit e Cagnina) sono oltremodo peculiari del territorio della Provincia di Forlì - Cesena.

LA NUOVA DENOMINAZIONE “ROMAGNA”

L'8 ottobre 2011 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 235 il Decreto di riconoscimento della nuova denominazione di origine controllata dei vini “Romagna”.
Denominazione che, oltre a prevedere la modifica della DOCG Albana di Romagna in “Romagna Albana”, accorpa in un unico disciplinare, oltre all'Albana spumante, le DOC Sangiovese, Trebbiano, Cagnina e Pagadebit, variandone la denominazione in “Romagna Sangiovese”, “Romagna Trebbiano”, “Romagna Pagadebit”, “Romagna Cagnina”. Il disciplinare “Romagna” riunisce quindi tutte le attuali denominazioni, con l'obiettivo di salvaguardare e promuovere con maggiore efficacia, sul mercato nazionale e internazionale, i territori dei vini e ovviamente i prodotti a Denominazione di Origine.

ROMAGNA SANGIOVESE
Le prime notizie risalgono al lontano “600; si narra che durante un banchetto tenuto nel Monastero dei Frati Cappuccini in Santarcangelo di Romagna, alla presenza di Papa Leone XII ed illustri ospiti, fu servito questo vino prodotto dagli stessi monaci.
Il vino fu molto apprezzato e ne fu chiesto il nome. Un monaco, con prontezza di spirito, disse che il vino si chiamava “Sunguis di Jovis” = Sangue di Giove (Sanjovese). Col passare degli anni, questo vino assunse a simbolo della terra di Romagna, grazie anche ad attenti ed intelligenti produttori.
A livello nazionale le uve di Sangiovese da sole o associate ad altre, concorrono alla produzione di vini famosi quali il Brunello di Montalcino, i vari Chianti, Il Forgiano Rosso, il Rosso Conero e tantissimi altri. Il Sangiovese prodotto nell’area romagnola, negli ultimi dieci anni, ha riscontrato una visibile e costante crescita qualitativa, che nelle punte di eccellenza regge il confronto dei più famosi Sangiovesi sopracitati
Si dice che il Sangiovese della Romagna (Sanzve”s) contenga il carattere dei romagnoli: franco, esuberante, schietto robusto ed ospitale e nello stesso tempo ruvido, all’esterno, ma sincero e delicato, all’interno.
Il nuovo disciplinare della DOC prevede le tipologie novello, superiore e riserva. Il “Romagna Sangiovese” e il “Romagna Sangiovese Superiore” hanno un”unica zona di produzione, quella prevista attualmente per il Sangiovese di Romagna.
Per il “Romagna Sangiovese” tipo “riserva”, sono previste 12 sottozone: Bertinoro, Brisighella, Castrocaro – Terra del Sole, Cesena, Longiano, Meldola, Modigliana, Marzeno, Oriolo, Predappio, San Vicinio, Serra; la menzione aggiuntiva della sottozona aiuterà a qualificare ulteriormente i prodotti creando interesse alla conoscenza dei luoghi e delle tradizioni di questo importante vino.


E’ un signor vino, che si accompagna a: tutte le minestre (casalinghe) condite con ragù di carni, con arrosti misti e grigliate, con i classici”castrato” e “cosciotto d”agnello”, con selvaggina e cacciagione, nonché con stracotti e brasati.
LE OSTERIE ED I RISTORANTI A FORLI’

Osteria le Ombre di Forlì
L'Osteria le Ombre, situata nel centro storico di Forlì, deve il suo nome ad un antico modo di dire che si usava quando ci si rivolgeva all'oste per un bicchiere di vino, chiedendo un'ombra. L'ambiente è molto curato e di design tipicamente nord-europeo, unito ad una carta dei vini in grado di offrire oltre 350 tra le migliori etichette nazionali ed una quarantina di distillati da tutto il mondo. Un'illuminazione che non aggredisce ma accoglie, pochi tavoli ed il calore del legno di rovere con cui sono realizzati, oltre alle sedute, anche due enormi scaffalature dalla linea minimale, su cui le bottiglie sono in mostra come fossero oggetti preziosi, creano un ambiente perfetto per il relax del rito dell'aperitivo, per una cena romantica o per degustare al meglio un vino da contemplazione.  La cucina è tipica romagnola, con un menù che predilige la cucina senza fuoco, con piatti pensati proprio per valorizzare il protagonista assoluto del locale, il vino. Ecco quindi le selezioni di affettati, tra cui la coppa artigianale e il Culatello di Zibello, le degustazioni di formaggi accompagnate da miele, confetture e salse, o i piccoli assaggi di pesce, dal pesce spada allo sgombero alla catalana. L'Osteria le Ombre di Forlì dispone inoltre di diverse birre artigianali italiane spesso introvabili e complessivamente offre la disponibilità di 24 coperti.


Ristorante La Casa Rusticale dei Cavalieri Templari
Il Ristorante La Casa Rusticale dei Cavalieri Templari, collocato all'interno di un'antica Domus templare medievale oggi ristrutturata, è un ambiente rustico, caratteristico e molto suggestivo, dotato di un piacevole giardino interno in cui mangiare d'estate all'ombra di un bel pergolato. Tre le sale, del Sole, della Luna e Romagnola, ognuna calda, accogliente e fedele ricostruzione di un ambiente casalingo romagnolo di fine '800. La cucina è tipica locale, con piatti basati sulla tradizione romagnola leggermente rivisitata. Tra le specialità la frittata con vongole dell'Adriatico e zucchini, le tagliatelle al sugo matto, la faraona arrosto in pietra lavica con olive greche e erbette al prosciutto. Il Ristorante La Casa Rusticale dei Cavalieri Templari, situato a Forlì in provincia di Forlì Cesena, dispone inoltre di una buona cantina vini con selezione di circa 120 etichette in prevalenza italiane, con particolare attenzione a quelle romagnole. Curata anche la selezione di birre in bottiglia. Complessivamente il locale offre la disponibilità di 100 coperti, di cui 50 all'aperto.

Salumè
 rappresenta, più che un ristorante “quel posto dove ti senti bene”.
Ed in questo devo dire che i proprietari hanno ben catturato l’idea di Romagna più volte ribadita dall’istrionico Tonino Guerra (per chi non lo conoscesse l’anziano che in una famosa pubblicità gridava “Giovanni l’ottimismo è il profumo della vita”).
Un ambiente informale, in pieno centro a Forlì, con il giusto numero di coperti – una trentina – da garantirti un servizio veloce e curato.
Il locale è di quelli che apprezzo per quella ricercata  rusticità e una grande attenzione ai particolari, una grande vetrina in legno per mettere in bella mostra non solo vini ma anche prodotti gastronomici.
Il menù è composto da pietanze che seguono la stagionalità del tempo, con grande attenzione ai prodotti del territorio e tutto rigorosamente fatto in casa.
Sei amante della carne? Ti piace il pesce? Segui le nuove tendenze vegane?
No panic!
L’osteria offre ben 400 etichette di vini tra italiane ed estere. . .  sicuramente troverai quella più indicata per le tue papille gustative!

OSTERIA DON ABBONDIO
Cibo di qualità al giusto prezzo!
Questo graziosissimo locale rappresenta quello che secondo me dovrebbe significare proteggere il patrimonio culinario. Una qualità del cibo così alta è difficile da trovare: vi sono cibi tipici della cucina romagnola ma non solo; tutti i prodotti inseriti nel menù sono una garanzia di bontà.
Il locale si presenta abbastanza piccolo ma accogliente, semplice e intimo. Il personale si dimostra disponibile e cortese.
I vini sono di ottima qualità e gli ingredienti principali dei piatti sono in realtà semplici ma pregiati il cui gusto viene ben esaltato dalle particolari ed innovative ricette presenti nel menù.
Raccomando assolutamente di provare i formaggi. Il locale infatti ha ottenuto anche il premio per il "locale buon formaggio" e fa parte dell'associazione slow food per la tutela del buon cibo.
I prezzi sono medio-alti ma esattamente in linea con la qualità. Inoltre il locale si trova a pochi passi dai musei san domenico. Ci tornerò assolutamente!

OSTERIA SAN DOMENICO
Sapori romagnoli
Un graziosissimo posto dove provare piatti della cucina emiliano-romagnola vicino al complesso monumentale dei musei San Domenico a Forlì. Il posto è molto raffinato ma semplice, il locale ha sia una parte interna che un piccolo giardinetto esterno ricoperto di piante rampicanti che rende il tutto molto particolare e piacevole!
E' possibile ordinare sia carne sia pesce, io ho provato gli gnocchi al ragù bianco accompagnati da ottimo vino del luogo. Nel menù è possibile trovare le ricette tipiche della regione ma è anche possibile che vi siano dei piatti extra che variano ogni giorno soprattutto di pesce, buonissimo e fresco!
Ho provato anche i dolci che sono ottimi, come la meringata ai frutti di bosco o il tiramisù!
Il personale è gentilissimo e cordiale e sa ben consigliare.


Le Petit Arquebuse

Ottimo locale tra le vie del centro
Locale molto raccolto, caloroso e ben allestito. Ha sia una parte esterna che da su una delle strade principali del centro storico e sia una parte all'interno dove è presente anche un piccolo palco dove ogni sera diversi gruppi si esibiscono.
Il personale è molto disponibile, il menù vario e accessibile a tutti come prezzi. Io ho provato i ravioli alla zucca, buonissimi! Anche i secondi di carne sono ottimi, ben cotti e di ottima qualità.
Un ottimo posto dove fare aperitivi cene e dove poter anche sentire della buona musica.
Lo consiglio a chi si reca a visitare la città e non vuole spendere troppo ma mangiare cose tipiche e di qualità!

Le Tre Corti
Ristorante elegante
Nella mia breve visita a Forlì ho alloggiato presso il Gran Hotel Forlì e annesso all'albergo vi è questo elegante ristorante di cucina tipica romagnola.

L'ambiente è molto accogliente e raffinato, ben arredato e tranquillo. Il servizio molto buono così come la cucina. I prezzi non sono neanche troppo elevati se si considera il posto e la qualità dei piatti.
Da provare assolutamente la selezione di salumi della Romagna e la grigliata di carne. Per accompagnare il tutto con un buon vino rosso della zona.
Se vi trovate in città per qualche occasione fateci un salto anche se non alloggiate presso l'hotel. Ne vale veramente la pena!


FORLI' - i vini del territorio ed le cantine - 


La Tenuta Drei Donà sorge sulle antiche colline romagnole tra la città di Forlì, Castrocaro e Predappio in strategica posizione allo sbocco delle valli dei fiumi Rabbi e Montone, attorno a una delle torri di guardia che Caterina Sforza nel 1481 pose a difesa dei suoi territori.La tenuta appartiene ai conti Drei Donà dagli inizi del secolo, e da sempre è dedita alla produzione di uve sangiovese.

Con l’avvento dell’attuale proprietario Claudio Drei Donà, che ha abbandonato l’attività forense per dedicarsi a tempo pieno all’azienda, e poi anche di suo figlio Enrico, inizia una radicale opera di cambiamenti che imprimono una svolta decisiva ai circa 27 ettari della proprietà.

Dei 23 ettari vitali, la maggior parte è naturalmente dedicata al Sangiovese di Romagna, i cui vecchi impianti sono stati oggetto di un particolare studio e selezione che ha portato poi al loro restauro attraverso il reimpianto della selezione massale di Palazza.
 Da questi si ottengono la Riserva selezione “Pruno”, vero e proprio vino aziendale, ed il conseguente secondo vino Sangiovese “Notturno”. A fianco di ciò, da due piccoli vigneti, si producono anche lo Chardonnay & Riesling “Il Tornese” ed il Cabernet Sauvignon “Magnificat”, e da un micro appezzamento di vigna di appena 0,85 ettari coltivati con tre diverse uve si ottiene, non in tutte le annate, la Gran Riserva “Graf Noir”.
 La filosofia che anima l’azienda è di estremo rigore: i vini qui prodotti sono il risultato del severo lavoro in vigna prima e in cantina poi, l’espressione più pura del nostro terroir di Massa di Vecchiazzano sulle colline della Romagna Centrale.
 Dalla tenuta si producono anche due grappe invecchiate e un olio extra-vergine.
 Un accenno meritano i particolari nomi dei vini: tutti sono stati battezzati con i nomi dei cavalli del piccolo allevamento scuderia di famiglia.

LA MEMORIA
Riserva Palazza è la nostra Riserva Storica, è la riedizione dello storico sangiovese prodotto dal 1959 al 1979 e ritornato a nuova vita con la vendemmia 2009. Questa Riserva ripercorre la tradizione fatta di delicati uvaggi e lunghi affinamenti in botti grandi.
 UVE: 90% Sangiovese, 2% Ancellotta, 8% Cabernet Sauvignon.
 TERRENO: medio impasto argilloso-limoso con vena calcarea ad 1,5 mt. di profondità e percentuale di sabbia.
 VIGNETI: In comune di Forlì nella sottozona Doc Predappio a .ca 155 mt slm.
 RESA MEDIA PER ETTARO: 76 q.li, 49,5 hl.
 DENSITÀ DI IMPIANTO: 5500 V/Ha.
 VENDEMMIA: a mano in cassette, 1°-2° decade di settembre. Selezionando le uve migliori.

VINIFICAZIONE: la fermentazione viene effettuata in vasche di cemento armato a temperatura controllata. Fermentazione malo-lattica in acciaio inox.
 AFFINAMENTO: in tradizionali grandi botti di rovere da 25 Hl. e 15 Hl. per almeno 24 mesi. Dopo l’imbottigliamento è affinato in bottiglia a completamento della maturazione.
 CAPACITÀ DI INVECCHIAMENTO IN BOTTIGLIA: dai 12 anni ed oltre.
 FORMATI: 0,75 lt., 1,5 lt.
L’ANIMA
“Notturno” è, per dirlo alla francese, il ‘vino cadetto’ dell’azienda. Nasce al momento delle selezioni vendemmiali prima e di cantina poi, durante l’affinamento delle singole parcelle prima dell’assemblaggio per l’invecchiamento finale delle Riserve. Le uve dei vigneti più giovani sono usualmente predominanti nel blend di sangiovesi che lo compongono.
 UVE: 100% Sangiovese.
 TERRENO: medio impasto argilloso-limoso con 10-13% di sabbia.
 VIGNETI: comune di Forlì nella sottozona Doc Predappio a ca. 155 mt slm.
 DENSITÀ DI IMPIANTO: da 3600 a 5500 v/Ha.
 RESA MEDIA PER ETTARO: 82 q.li, 61hl.
 VENDEMMIA: manuale in cassette nella 2° -3° decade di settembre.
 VINIFICAZIONE: fermentazione tradizionale in vasche di cemento e di acciaio inox a temperatura controllata. Fermentazione malo-lattica in vasche di acciaio prima dell’affinamento.
 AFFINAMENTO: in fusti di rovere francese da 500 lt. principalmente di secondo passaggio, per circa 8 mesi.
 CAPACITÀ DI INVECCHIAMENTO IN BOTTIGLIA: 5 anni e oltre.
 FORMATI: 0,75 lt., 1,5 lt., 0,375 lt.
IL CUORE
Pruno è il nostro Cru di sangiovese, il “primo vino” della tenuta. Nasce dalle selezioni delle uve di un singolo vigneto nella tenuta di proprietà. Viene imbottigliato non filtrato per esprimere al massimo la grande potenzialità del nostro terroir di Predappio.

UVE: 100% Sangiovese.
 TERRENO: medio impasto argilloso-limoso con vena calcarea ad 1 mt. di profondità e percentuale di sabbia.
 VIGNETI: 3,2 Ha. In comune di Forlì nella sottozona Doc Predappio a ca. 155 mt slm.
 RESA MEDIA PER ETTARO: 62 q.li, 40 hl.
 VENDEMMIA: 1° – 2° decade di settembre.
 VINIFICAZIONE: fermentazione in vasche di acciaio inox a temperatura controllata. Fermentazione malo-lattica svolta completamente in acciaio inox. Imbottigliato non filtrato.
 AFFINAMENTO: interamente affinato in tonneaux e barriques di rovere francese di capacità 500 lt. e 225 lt. per un periodo di circa 18 mesi. Dopo l’imbottigliamento è affinato per altri 12 mesi.
 CAPACITÀ DI INVECCHIAMENTO IN BOTTIGLIA: 15 anni e più.
 FORMATI: 0,75 lt., 1,5 lt., 3 lt., 6 lt.

LA SFIDA
Magnificat è un “Single Vineyard” da uve 100% Cabernet Sauvignon. Matura a lungo in piccoli legni francesi e viene imbottigliato non filtrato. È stato il vino simbolo della svolta produttiva della tenuta Drei Donà ed ancora oggi un grande traduttore internazionale del nostro terroir.
UVE: 100% Cabernet Sauvignon.
 TERRENO: medio impasto argilloso-limoso con vena calcarea ad 1 mt. di profondità. Con buona percentuale di sabbia.
 VIGNETI: ha. 2,90 in comune di Forlì nella sottozona Doc Predappio a ca. 155mt slm.
 RESA MEDIA PER ETTARO: 58 q.li, 36 hl.
 DENSITÀ DI IMPIANTO: 5500 v/Ha.
 VENDEMMIA: a mano in cassette con selezione delle uve, circa nella 2° decade di settembre.

VINIFICAZIONE: fermentazione in vasche di acciaio inox a temperatura controllata. Fermentazione malo-lattica in acciaio inox. Imbottigliato non filtrato.
 AFFINAMENTO: in barriques di Allier e Tronçais di capacità 225 lt.. per un periodo di circa 20 mesi. Dopo l’imbottigliamento è affinato per altri 12 mesi.
CAPACITÀ DI INVECCHIAMENTO IN BOTTIGLIA: 20 anni e oltre.
 FORMATI: 0,75 lt., 1,5 lt., 3 lt., 6 lt.
LA GRAN RISERVA DI FAMIGLIA
Graf Noir è uno stallone tedesco, nero,enorme, potente. Ti guarda dritto negli occhi e non ha paura di niente.
 UVE: 55% Sangiovese, 30% Uva Longanesi, 15% Cabernet Franc.
 TERRENO: medio impasto argillosolimoso con vena calcarea ad 1 mt. di profondità.
 VIGNETI: ha. 0,85.
 RESA MEDIA PER ETTARO: 47 q.li, 29 hl.
 VENDEMMIA: 2°-3° decade di settembre.
 VINIFICAZIONE: La fermentazione viene effettuata in vasche di acciaio inox per un periodo variabile tra i 18 ed i 25 giorni ad una temperatura
controllata tra 28° e 30° con rimontaggi giornalieri. Fermentazione malo-lattica in acciaio inox.
 AFFINAMENTO: Il Graf Noir viene interamente affinato in barriques di legno di Allier e Tronçais di capacità 225 lt. di cui almeno il
70% nuove per un periodo, variabile a seconda delle annate, di almeno 30 mesi. Dopo l’imbottigliamento è affinato per altri 30 mesi minimo a completamento della maturazione.

L’ECCEZIONE
Dall’inusuale incontro di Chardonnay & Riesling Renano dei nostri vigneti di proprietà, nasce il bianco di casa Drei Donà, espressione ed eccezione bianca di un terroir di grandi rossi.

UVE: 50% Riesling Renano, 50% Chardonnay.

TERRENO: medio impasto argilloso-limoso con vena calcarea ad 1 mt. di profondità.
 VIGNETI: in comune di Forlì nella sottozona doc Predappio a ca. 155 mt slm.
 RESA MEDIA PER ETTARO: 90 q.li, 60 hl.
 VENDEMMIA: a mano in piccole cassette la 3° decade di agosto.
 VINIFICAZIONE: dopo 12-18 ore di macerazione a freddo a contatto con le bucce,il Riesling Renano e lo Chardonnay vengono vinificati separatamente in acciaio inox a temperatura controllata . Solo il 15% dello chardonnay fermenta in tonneaux (500lt.) di legno francese , per circa 30-40 giorni ad una temperatura controllata. Fermentazione malo-lattica parziale.
AFFINAMENTO: sulle sue fecce nobili per un periodo di circa 4-5 mesi,sia nei tonneaux che nelle vasche d’acciaio. Dopo la creazione della cuvée viene lasciato riposare in acciaio per un mese. È poi affinato per almeno 3 mesi in bottiglia.
CAPACITÀ DI INVECCHIAMENTO IN BOTTIGLIA: 4 / 5 anni.
 FORMATI: 0,75 lt., 1,5 lt.

DIVERTISSEMENT
Extra Brut – Metodo Classico.
Tutta la finezza ed eleganza dello Chardonnay, associati ad una elegante vinosità, caratterizzano questo Blanc de Blancs. È il primo metodo classico nato in Romagna.
 UVE: 100% Chardonnay.
 TERRENO: medio impasto argilloso-limoso con vena calcarea ad 1 mt. di profondità.
 VIGNETI: in comune di Forlì nella sottozona doc Predappio a ca. 155 mt slm.
 RESA MEDIA PER ETTARO: 88 q.li, 57 hl.
 VENDEMMIA: a mano in piccole cassette la 1° e 2° decade di agosto.
 VINIFICAZIONE: prima fermentazione in tini di acciaio inox a temperatura controllata, dopodichè il vino viene aggiunto di “liqueur de tirage” ed imbottigliato per la presa di spuma naturale in bottiglia. Dopo lungo periodo di affinamento si procede al remouage ed all’imbottigliamento con dosaggio della nostra esclusiva “Liqueur d’expedition” a base di vecchie annate del nostro Chardonnay “Il Tornese”.

PERMANENZA SUI LIEVITI: più di 24 mesi.

FORMATI: 0,75 lt., 1,5 lt.

VILLA VENTI

AZIENDA E VOCAZIONE

Villa Venti è un'azienda vitivinicola biologica al centro di una terra d'antica vocazione. Alla fine del XV secolo i veneziani dominano le terre vicine e mantengono legami con Roncofreddo ei suoi territori. Le navi della Serenissima partono
da Cesenatico con carichi di olio e vino rosso, del quale, in laguna "v'era gran spaccio".  Il mare abbandona con le sue rotte commerciali Villa Venti e i sui vigneti, ma non dimentica di portare con le brezze, profumi salini e sentori pungenti di iodio.
In questo contesto sarete accolti con attenzione alla qualità del vivere.

BIO
Non solo produzioni agricole "bio", ma una filosofia che impara dalla natura, cogliendo la sapienza di autoprotezione che hanno le specie vegetali, bisognose di cure semplici. Pochi tratti essenziali per una terra che parla un dialetto brusco e ripido come i suoi pendii.
Nel segno di un tempo circolare, tre generazioni e tre famiglie -Castellucci, Riva e Giardini- si sono ritrovate in un angolo stretto e dolce delle colline oltre il Rubicone,  affacciate sul piano e in vista del mare.
I ritmi antichi si mescolano con le modernità, senza rinunciare alle stagioni, alle lune e alle stelle.
Villa Venti è un segno nella cultura territoriale romagnola, dove un bicchiere di vino, e'bè, diventa subito convivialità.
A Villa venti si vive a diretto contatto con un ambiente famigliare, dove lavori e valori sono contrassegni del tempo.

SERENARO
FORLI' BIANCO IGT
UVE: Famoso di Cesena
TERRENI: franchi con sabbie del messiniano e argille rosse evolute tipiche del territorio
PRODUZIONE: Kg. 0.8 -1 per pianta
CEPPI PER ETTARO: 5.300 Piante
SISTEMA DI ALLEVAMENTO: guyot
RACCOLTA:  manuale
VINIFICAZIONE: in recipienti d’acciaio a temperatura controllata e in assenza di ossigeno, macerazione sulle bucce di 3 giorni.
MATURAZIONE: in recipienti d’acciaio e bottiglia

PRIMOSEGNO
SANGIOVESE di ROMAGNA
DOC SUPERIORE
Gambeo Rosso 2011 Gambero Rosso 2012
Prodotto classico, ottenuto da 4 biotipi di Sangiovese a grappolo spargolo messi a dimora secondo le tipologie delle argille.
UVE: Sangiovese 100%
TERRENI: franchi con sabbie del messiniano e argille rosse evolute tipiche del territorio
PRODUZIONE: Kg. 0.8 -1 per pianta
CEPPI PER ETTARO: 5.300 Piante
SISTEMA DI ALLEVAMENTO: alberello
RACCOLTA:  manuale
VINIFICAZIONE: in recipienti d’acciaio a temperatura controllata
MATURAZIONE: in recipienti d’acciaio e bottiglia

VINO ROSSO
 Vino biologico ottenuto da una fermentazione in anfora georgiana da uve Centesimino.
 UVE: Centesimino 100%
TERRENI: franchi con sabbie del messiniano e argille rosse evolute tipiche del territorio
PRODUZIONE: Kg. 0.8 -1 per pianta
CEPPI PER ETTARO: 5.300 Piante
SISTEMA DI ALLEVAMENTO: alberello
RACCOLTA:  manuale, prima settimana di Ottobre
VINIFICAZIONE: in anfora georgiana
MATURAZIONE: in anfora georgiana per almeno 6 mesi

FELIS LEO
COLLI ROMAGNA CENTRALE
D.O.C. ROSSO
Da uve autoctone di Centesimino in uvaggio con Cabernet Franc e Merlot, un vino innovativo che non dimentica le tradizioni.
UVE: da uve autoctone di Centesimino in uvaggio con Cabernet Franc e Merlot
TERRENI: franchi con sabbie del messiniano e argille rosse evolute tipiche del territorio
PRODUZIONE: Kg. 0.8 - 1 per pianta
CEPPI PER ETTARO: 5.300 Piante
SISTEMA DI ALLEVAMENTO: alberello
RACCOLTA:  manuale
VINIFICAZIONE: in recipienti d’acciaio a temperatura controllata
MATURAZIONE: in recipienti d’acciaio e barrique francesi


MAGGESE
Prodotto classico, ottenuto da 2 biotipi di Sangiovese a grappolo spargolo messi a dimora su argille rosse evolute.
UVE: Sangiovese 100%
TERRENI: franchi con sabbie del messiniano e argille rosse evolute tipiche del territorio
PRODUZIONE: Kg. 0.8 -1 per pianta
CEPPI PER ETTARO: 5.300 Piante
SISTEMA DI ALLEVAMENTO: alberello
RACCOLTA:  manuale
VINIFICAZIONE: in recipienti d’acciaio a temperatura controllata
MATURAZIONE: 12 mesi in tonneau francesi, 12 mesi in bottiglia

RISERVA
Gambero Rosso 2013 Slow Wine 2013
 Prodotto classico, ottenuto da 2 biotipi di Sangiovese a grappolo spargolo messi a dimora su argille rosse evolute.
UVE: Sangiovese 100%
TERRENI: franchi con sabbie del messiniano e argille rosse evolute tipiche del territorio
PRODUZIONE: Kg. 0.8 -1 per pianta
CEPPI PER ETTARO: 5.300 Piante
SISTEMA DI ALLEVAMENTO: alberello
RACCOLTA:  manuale
VINIFICAZIONE: in recipienti d’acciaio a temperatura controllata
MATURAZIONE: 12 mesi in tonneau francesi, 12 mesi in bottiglia

NANÌ
 Una vinificazione di vendemmia tardiva con uve autoctone di Centesimino. Vinificato ed affinato in barrique per 12 mesi.
UVE: Centesimino
TERRENI: franchi con sabbie del messiniano e argille rosse evolute tipiche del territorio
PRODUZIONE: Kg. 0.8 - 1 per pianta
CEPPI PER ETTARO: 5.300 Piante
SISTEMA DI ALLEVAMENTO: alberello
RACCOLTA: manuale e appassimento fino ad una concentrazione di zuccheri di 300 mg/lt.
VINIFICAZIONE: in barrique francese
MATURAZIONE: 12 mesi in barrique francesi, 12 mesi bottiglia

APEYRON
VINO DA UVE STRAMATURE
- Vino biologico -
Ottenuto da una madre con metodo Solera Anno 1°.
Uve Famoso in appassimento.
 UVE: Famoso
TERRENI: franchi con sabbie del messiniano e argille rosse evolute tipiche del territorio
PRODUZIONE: Kg. 0.8 - 1 per pianta
CEPPI PER ETTARO: 5.300 Piante
SISTEMA DI ALLEVAMENTO: guyot
RACCOLTA: manuale e appassimento fino ad una concentrazione di zuccheri di 300 mg/lt.
VINIFICAZIONE: anfora georgiana con madre acetica
MATURAZIONE: anfora georgiana e bottiglia

AZIENDA AGRICOLA STEFANO EBRTI

L’attuale Azienda Agricola Stefano Berti nasce nel 1963 quando i miei genitori acquistano accorpandoli due poderi a Ravaldino in Monte nelle colline vicino a Forlì, di circa 12 ettari.
Nel 1968 vengono piantati 2 ettari di Sangiovese, di cui uno attualmente è ancora in produzione e che rimarranno gli unici fino al 1985. Io entro nella conduzione dell’azienda dal 1982 con in mano un titolo di studio da perito agrario e non molte idee su come condurre i terreni, che per la quasi totalità sono seminativi. A metà degli anni ottanta grazie ad un piano di sviluppo regionale vengono fatti i primi investimenti che danno all’azienda un indirizzo viticolo- frutticolo. Viene piantata altra vigna con Trebbiano, Chardonnay e Pagadebit visto che la Cantina Sociale a cui si conferisce la quasi totalità dell’uva scommette, con ben poca lungimiranza, sul futuro del vino bianco romagnolo. Intanto nel 1986 mi sposo con Renata e si inizia a pensare di aumentare la quantità di Sangiovese che viene vinificato in proprio per essere venduto sfuso in azienda. Nella prima metà degli anni novanta viene piantata altra vigna, ancora Trebbiano, e si aumenta ancora il quantitativo di Sangiovese prodotto in proprio . Nel frattempo la frutticoltura entra in crisi e si estirpano peschi e ciliegi per lasciare posto ad altra vigna, questa volta Sangiovese, e si innestano le più recenti vigne di Trebbiano sostituendole con altro Sangiovese e un po’ di Cabernet Sauvignon. Nel 1997 a gennaio nasce Clara e l’azienda punta decisamente verso la viticoltura ma non ancora verso una produzione di vino di qualità anche se si intuiscono le potenzialità dell’uva e del vino prodotti. I redditi però cominciano a scendere, la crisi dell’agricoltura non è più un fatto episodico ma strutturale e si capisce che occorre una nuova idea per poter andare avanti. La soluzione arriva FAN_8463bis  quando leggiamo, su una rivista non di settore, la storia di Michele Satta, un vignaiolo di Castagneto Carducci, che da Varese si era trasferito in quella zona famosa in tutto il mondo per il Sassicaia ed era diventato uno dei più bravi produttori della zona, allora gli telefoniamo per incontrarlo e per chiedergli di sé e della sua avventura nella speranza ingenua che la cosa fosse ripetibile anche a Ravaldino in Monte. Michele si rende disponibile diventiamo amici e viene in Romagna diverse volte, porta con sé anche l’enologo Attilio Pagli e insieme si progetta per la vendemmia del 2000 la produzione di due vini DOC, il Calisto selezione delle uve migliori affinato in legno e il Ravaldo II° vino. Da allora la produzione è sempre aumentata per arrivare nel 2004 a circa 30.000 bottiglie. Sicuramente il lavoro da fare è ancora tanto e le difficoltà non mancano ma per fortuna la natura non ti finisce mai di stupire regalando sempre delle novità e dei cambiamenti per cui i vini sono ogni anno diversi ma sempre veri, frutto del lavoro e della passione della nostra famiglia.

Sangiovese di Romagna Superiore DOC Riserva CALISTO

‘E una selezione, fatta al momento della raccolta, delle migliori uve Sangiovese presenti in azienda, con l’aggiunta di un 10% di Cabernet Sauvignon, vinificate a parte proprio per ottenere questo vino.
L’uva viene vendemmiata a mano nella prima decade di ottobre e messa a fermentare in vasche di acciaio senza aggiunta di lieviti selezionati a 28° per tre settimane.
Alla svinatura viene subito messo in barriques francesi di Allier nuove e di II° passaggio dove si svolge la fermentazione malolattica senza inoculo di batteri e dove rimane per 12 mesi.
Sangiovese di Romagna Sup.DOC RAVALDO
Ottenuto da uve Sangiovese raccolte manualmente alla fine di settembre in vigneti di età che va dai 7 ai 16 anni. La produzione , già modesta per un’opportuna potatura invernale, viene ulteriormente diminuita nel mese di agosto con un diradamento manuale per migliorare la qualità. La fermentazione è stata fatta in vasche di acciaio, senza aggiunta di lieviti selezionati, a una temperatura di circa 28° per 16 giorni. Subito dopo si è svolta la fermentazione malolattica, sempre in vasche d’acciaio, senza inoculo di batteri.

Romagna DOC Sangiovese Predappio Bartimeo .
Ottenuto da uve Sangiovese di vigneti giovani, dai 4 ai 6 anni, raccolte a mano nella seconda metà di settembre. Viene fatta una diraspa pigiatura classica, e una fermentazione alcolica in vasche di acciaio inox ad una temperatura di circa 28° per una decina di giorni. La fermentazione malolattica avviene sempre in vasche di acciaio dove, dopo un travaso, il vino rimane per un periodo di affinamento di 5 mesi.

TENUTA VALLI
Dal 1859, grandi vini in Romagna
Tenuta Valli nasce nel 1960  dall'unione della proprietà Agricola 'La Tenuta', con lo storico marchio 'Valli Vini', che dal 1859  si è distinto per la produzione di vini di qualità. Le coltivazioni seguono le pratiche del biologico, nel rispetto dei prodotti tipici locali e della biodiversità: frumento, erba medica, pascoli per l'allevamento del bestiame di razza Romagnola e 30 ettari di vigneti specializzati.
Da qui nasce l'uva che sarà poi trasformata in vino, nel massimo rispetto dei metodi
naturali di vinificazione per mantenere intatte le identità e peculiarità dei vari vitigni.

IL TERRITORIO
Nel cuore collinare del Forlivese, ben noto per la vocazione vinicola, si colloca La Tenuta Valli, in località  Ravaldino in Monte. L'Azienda, guidata dalla famiglia Polgrossi, si estende per oltre 250 ettari, ad una altitudine di 250 m  s.l.m. Una posizione privilegiata sui dolci pendii che sovrastano il territorio di Predappio,  ai piedi della imponente Rocca delle Caminate.
L'esposizione al sole e le forti escursioni termiche, per la vicinanza del mare, conferiscono a questi terreni, argillosi e calcarei, un particolare microclima che è  ideale per la coltivazione della vite.

IL BIOLOGICO
Le coltivazioni seguono le pratiche del biologico, nel rispetto dei prodotti tipici locali e della biodiversità: grano, erba medica, pascoli per l'allevamento del bestiame di pura razza Romagnola, circa 400 capi e 30 ettari di vigneti specializzati.
Grazie ai terreni fertili e vocati, i vitigni autoctoni, Sangiovese, Albana, Trebbiano, Terrano, Longanesi e i vitigni internazionali come Cabernet Sauvignon e Chardonnay, esprimono al meglio le loro caratteristiche.

LA TRADIZIONE
La famiglia Polgrossi ha raccolto un patrimonio di tradizioni e saperi, tramandato di generazione in generazione.  Con grande passione ha saputo affiancare le antiche modalità di produzione, ad una tecnica vitivinicola moderna e razionale.

Un percorso di innovazione continua, cui l'attuale generazione della Famiglia sta orientando tutte le energie.  Una costante ricerca tesa alla valorizzazione della qualità ed identità dei vini.
Le Architetture civili a Forlì ed altri informazioni

Casa Palmeggiani
Case Maldenti
Palazzo dell'ex collegio aeronautico
Palazzo delle Poste
Palazzo degli uffici statali
Palazzo Hercolani
Palazzo Paolucci de Calboli
Palazzo Paulucci di Calboli dall'Aste
Palazzo Piazza Paulucci
Palazzo Sangiorgi
Palazzo Merlini
Palazzo Morattini
Palazzo Sassi Masini
Palazzo dei Signori della Missione
Palazzo Benzi
Palazzo Savorelli Prati
Palazzo Monsignani
Nel Novecento, larga parte dell'architettura forlivese è stata segnata dagli interventi del fascismo. Per questo, la città partecipa, come capofila, al progetto europeo "ATRIUM", che ha "come obiettivo principale quello di indagare e gestire il patrimonio architettonico, archivistico ed immateriale dei regimi del ‘900, per la costruzione di un itinerario culturale transazionale, con l'obiettivo di ottenere il riconoscimento di “Rotta Culturale europea""[32].

Un posto a sé, per l'importanza sia religiosa sia civile, meritano i cimiteri:
Cimitero Monumentale di Forlì
Cimitero degli Indiani
Cimitero degli inglesi

Le Mura
Resti della cinta muraria
Come in numerose altre città italiane, a Forlì le mura cittadine furono quasi totalmente rase al suolo all'inizio del '900 per poter liberare nuovi spazi da dedicare all'edilizia e permettere lo sviluppo della città al di fuori dell'antico nucleo cittadino. La demolizione delle mura fu quasi totale, e solo alcuni tratti dell'antica cinta muraria tuttora sopravvivono. Lo spazio liberato ha fornito la superficie per l'edificazione di tratti stradali che oggi costituiscono i viali di circonvallazione.
Porta Schiavonia, l'unica ad essere sopravvissuta
Sebbene non ne sia rimasta traccia, è ovvio pensare che la Forlì dell'epoca romana fosse cinta da una cerchia difensiva e che fosse possibile accedere all'interno della città attraverso specifiche porte o quantomeno attraverso valichi sorvegliati. Non è possibile indagare sia l'evoluzione che la struttura della primitiva cerchia difensiva, così come non è possibile identificare il sistema difensivo nell'alto medioevo, se non ipotizzare, tramite i toponimi locali sopravvissuti, il percorso delle mura e la localizzazione delle porte medievali. Per citare un esempio, la tradizione tramanda il nome di porta Merlonia, vivente nel nome della via che da essa prese il nome, probabile porta della cerchia muraria altomedievale. È comunque necessario precisare che, con il passare delle epoche e a seconda delle esigenze del momento, era abbastanza comune aprire nuove porte e chiuderne altre, a seconda delle necessità. Così facendo di molte porte si è perso il ricordo, di altre rimane il toponimo e solo delle più importanti e delle più fortunate permane il nome, la descrizione o la struttura.
Secondo la Descriptio Romandiolae del cardinale Anglico de Grimoard nella città di Forlì sunt quatuor porte magistre, que custodiuntur: Ravaldini, Cudignorum, San Petri, Clavanie... Ma nella toponomastica antica di Forlì si comprendevano i nomi di altre porte che Francesco Ordelaffi fece abbattere o rinforzare: Porta Merlonia, Porta San Biagio (poi chiamata Santa Chiara e chiusa nel 1356 da Francesco Ordelaffi) e Porta della Rotta, tutte queste facenti parte dell'antico circuito difensivo romano. In epoca alto-medievale, con l'ampliamento della cinta muraria, vennero aperte nuove porte. Vengono tramandati i nomi di Porta Liviense, Porta di Santa Croce e Porta San Mercuriale.
Le porte che si aprivano ad occidente del ponte dei Morattini, in direzione Faenza, erano due: Porta Liviense (detta anche Valeriana), che sorgeva in fondo a via dei Battuti Verdi e attraverso la quale passava l'antica via Consolare, e Porta Schiavonia. La prima venne chiusa da Francesco Ordelaffi nel 1356 durante l'assedio dell'Albornoz e, in tale occasione, venne anche abbattuto il ponte che varcava il fiume Montone. Né la porta né il ponte furono mai più riaperti, così l'antico percorso della strada consolare fu dirottato in direzione di Porta Schiavonia.
Le porte più importanti, che hanno segnato la storia della città e sono legate alla cinta muraria eretta tra la metà del XV secolo e gli inizi del XVI sono quattro: Porta Schiavonia, Porta San Pietro, Porta Cotogni e Porta Ravaldino. Di queste, solo Porta Schiavonia è arrivata ai nostri giorni.
Porta San Pietro
Barriera Mazzini, primi del '900
Porta San Pietro
Collocata sulla strada per Ravenna, sorgeva in fondo all'attuale Corso Giuseppe Mazzini, un tempo chiamato Borgo San Pietro. Presentava una vera e propria rocca fortificata e in questa furono tenuti prigionieri Caterina Sforza e i suoi figli dai congiurati che avevano assassinato Girolamo Riario.
La porta si apriva su uno dei contrafforti delle mura e la rocca, posta al suo fianco, rafforzava la sorveglianza sulla porta. La rocchetta, di cui si ignora la data di costruzione, era il baluardo del lato settentrionale della città e già nel XIV secolo la porta si ergeva con il nome derivante dalla vicina chiesa di San Pietro in Scottis, oggi scomparsa. Nel 1360 la porta fu parzialmente demolita dall'arrivo dell'Albornoz, mentre rimaneva attiva la rocchetta che ospitò Caterina Sforza nel 1488 dopo l'uccisione di Riario ordita dalla famiglia Orselli. Ulteriormente atterrata poi nel 1741,[33] rimase intatto solo il mastio della rocchetta. Si sa che nel 1764 la porta vera e propria era murata e l'ingresso avveniva direttamente attraverso un'apertura effettuata nella rocca che fungeva da porta civica. Nel 1862 gli ultimi avanzi della porta e la rocchetta furono demoliti per far posto alla nuova porta urbana, definita Barriera Mazzini, che l'ingegnere Callimaco Missirini, costruitala a spese del comune, disegnò in forme neoclassiche e che fu aperta al transito il 5 giugno 1864. Venne utilizzata come sala d'attesa per la tramvia che univa Ravenna a Meldola e, dal 1901, fu usata come ufficio postale. Questa porta fu completamente rasa al suolo nel primo bombardamento aereo subito dalla città nella seconda guerra mondiale il 19 maggio 1944[34] e non venne più ricostruita.
È importante notare come in tempi più antichi l'uscita in direzione di Ravenna avveniva tramite la Porta di Santa Chiara, di cui oggi rimane solo un piazzale ad essa dedicato.
Porta Cotogni
La porta sorgeva su quella che era chiamata Strada petrosa - poi Borgo Cotogni, più recentemente Corso Vittorio Emanuele e attualmente Corso della Repubblica - ed era a sorveglianza della strada in direzione di Cesena. Fino ai primi anni del XX secolo ospitava la porta daziaria, per poi essere sostituita, durante il Ventennio, dagli edifici gemelli Bazzani e Benini.
Le cronache ricordano come spesso le parate e i solenni ingressi in città avvenivano per porta Cotogni; fra questi l'ingresso di Giulio II e dei Riario. Fino al 1825 presso la porta era collocato il busto del cardinale Stefano Augustini, ora collocato presso la pinacoteca.
La Barriera e gli annessi fabbricati vennero costruiti su disegno dell'architetto Giacomo Santarelli nel 1825, in seguito alla demolizione dell'antica Porta Cotogni, ed assunse il nome di Barriera Vittorio Emanuele con funzione di porta daziaria.
Nel 1906, con l'avvio degli scavi per la costruzione degli impianti dell'acquedotto, vennero scoperti i resti e le fondamenta del torrione e delle aree vicine fortificate.
Porta Ravaldino
Porta Ravaldino
Era la porta che si apriva in direzione di San Martino in Strada e, da lì, verso Firenze. La porta si trovava alla fine dell'attuale Corso Diaz, ma fino al '300 la cinta muraria era più arretrata e quindi la porta si trovava circa a metà dell'attuale corso e si chiamava Porta Merlonia. Tra Ottocento e Novecento ebbe anche il nome di Barriera Aurelio Saffi.
Al termine di corso Diaz, sul lato sinistro, sorgeva una rocca, detta Rocca Vecchia, perché in seguito demolita ad eccezione di un torrione che sopravvisse fino al '600. È probabile che fosse chiamato anche Ravaldino, da cui il nome della porta e della rocca, che tuttora esiste, e che si chiama Rocca di Ravaldino. Fonti diverse[35] affermano che il nome deriverebbe dal castello che sorgeva nell'attuale frazione di Ravaldino in Monte, a circa 10 km dalla città.
Secondo la cronaca del Novacula la porta fu edificata nel 1494 per volere di Caterina Sforza che investì il consiglio degli anziani dell'esecuzione dell'opera. La costruzione della porta, con la tracciatura di un fosso che giungeva fino alla Torre dei quadri, si rese necessaria in occasione del campo posto dai francesi presso San Martino ed in altre frazioni vicine.
La porta fu poi lasciata andare in disuso e, non più soggetta a manutenzione, cominciò a crollare. Nel terremoto del 1870 subì ulteriori danni e, diventata pericolante nonché pericolosa, se ne decise l'atterramento della parte centrale. Vennero lasciati in piedi i fabbricati necessari a mantenere attivi gli uffici daziari, sostituiti dalla nuova barriera, chiamata Barriera Saffi, edificata nel 1874 su disegno dell'ingegnere Gustavo Guerrini.

A cavallo poi degli anni trenta, fu demolita anche la barriera per sistemare il palazzo secondo le linee del piano regolatore che prevedevano un ampliamento della città oltre i confini della vecchia cinta.
Porta Schiavonia prima del 1903. La fotografia risale a prima di quell'anno perché la città è ancora cinta dalle sue mura che furono abbattute nel 1903
Porta Schiavonia
Unica porta sopravvissuta al tempo sorvegliava la strada in direzione di Faenza. In passato era affiancata da torrioni che la proteggevano. È probabile che sorga sul luogo dove anche l'antica città romana apriva la propria strada in direzione di Faenza, anche se è stata più volte rimaneggiata e riedificata. L'attuale struttura risale al 1743 anche se nei primi del Novecento ne sono state abbattute alcune strutture come l'androne retrostante.

Altri luoghi d'interesse
Piazza Aurelio Saffi[
Abbazia di San Mercuriale
Forlì, Piazza Saffi
Ai tempi del forum romano, la piazza Aurelio Saffi era solo un largo spazio ai confini della centuriazione, lungo la via Emilia verso Rimini.
Diventa, come è tutt'oggi, luogo centrale della città nel Medioevo, con il nome di Campo dell'Abate (il riferimento è all'Abbazia di San Mercuriale) e poi di piazza Maggiore.
Dopo l'unificazione d'Italia, viene dedicata a Vittorio Emanuele II e di seguito ad Aurelio Saffi, sostituendo la colonna della Madonna (spostata presso il duomo) con un monumento dedicato a Saffi. Al termine della seconda guerra mondiale, durante la permanenza delle truppe anglo-americane a Forlì (successiva alla liberazione della città dai nazi-fascisti), la piazza è ribattezzata St. Andrew's Square ("piazza di S. Andrea"). Con il ritorno alla normalità, i danni della guerra furono risanati e fu ripristinato il monumento a Saffi andato distrutto durante i bombardamenti.
Il risultato è una piazza che Antonio Paolucci ha definito "uno scenario metafisico alla Giorgio De Chirico".
Sulla piazza si affacciano:
La romanica Chiesa di San Mercuriale, che costituisce, insieme con il suo altissimo campanile, il monumento simbolo della città
Il Palazzo delle Poste
Il Palazzo Comunale, dalle mura dense di storia e di arte
Il Palazzo del Podestà
Il Palazzo Albertini.
Via delle Torri[modifica | modifica wikitesto]
Si tratta della strada che collega piazza Saffi con piazza Ordelaffi e piazza del Duomo, costeggiando il lato settentrionale del Palazzo del Comune. Percorrerla verso oriente, concede una suggestiva vista sull'Abbazia di San Mercuriale, mentre, nell'altro senso, la via prospetta sulla Chiesa del Corpus Domini, con l'attiguo Monastero.

Presso il Palazzo della Prefettura, sullo stesso lato, la via si apre sulla piazza delle Erbe, con il suo mercato agricolo alimentare
Piazza Ordelaffi, con l'illuminazione tricolore di palazzo Piazza Paulucci.
Piazza del Duomo/piazza Ordelaffi: i due spiazzi contigui sono sovrastati dalla fabbrica del Duomo, già chiesa di Santa Croce, la cattedrale cittadina.
A nord di piazza Ordelaffi si trova l'imponente palazzo Piazza Paulucci o Paulucci-Piazza, dal nome delle due antiche famiglie nobiliari già sue proprietarie, ora sede della Prefettura: si tratta di un palazzo del XVII secolo costruito in modo da ricordare il Palazzo del Laterano e il Palazzo Farnese, a Roma.
Al centro di piazza del Duomo si erge la colonna votiva della Madonna del Fuoco, protettrice della città; fu eretta originariamente in piazza Saffi, da dove fu spostata alla fine dell'Ottocento per lasciar posto al monumento commemorativo del patriota forlivese Aurelio Saffi.
Il 1º maggio 2007, una parte di piazza del Duomo ha preso il nome di piazza Giovanni Paolo II, in ricordo della visita che il Papa fece a Forlì l'8 maggio 1986.
Il Corso della Repubblica, forse la principale strada moderna della città, costituisce il ramo della via Emilia verso est interno al centro storico. È la spina dorsale del rione chiamato tradizionalmente "Borgo Cotogni" per un antico insediamento dei Goti (da "Gotogni") che vi si erano stanziati nel V secolo. Appare come un lungo rettilineo di aspetto moderno, al termine del quale si scorge l'obelisco del monumento ai caduti di piazzale della Vittoria. Negli anni 30 si chiamava corso Vittorio Emanuele.
Proprio all'inizio del corso, quasi ancora in piazza Saffi, si nota la bella mole, di pianta ellittica, della Chiesa di Santa Maria della Visitazione, meglio conosciuta come Chiesa del Suffragio.
Vi sorge anche, poco più avanti sul lato opposto, la barocca chiesa di Santa Lucia, protettrice della vista e festeggiata il 13 dicembre.
Vi si affacciano anche la biblioteca comunale (con la raccolta storica Piancastelli)[37] e la sede dei principali musei comunali, compresa la pinacoteca nell'imponente palazzo Merenda, già sede dell'antico ospedale cittadino. Sempre nel palazzo del Merenda nelle sale dell'armeria Albicini sono visibili affreschi (1924) del pittore forlivese Francesco Olivucci (1899-1984).
In Corso della Repubblica si trova anche la prestigiosa Scuola superiore di lingue moderne per interpreti e traduttori, facoltà dell'Università di Bologna.
Forse l'unico complesso realizzato a Forlì nel Dopoguerra da un maestro internazionale dell'architettura è L'Hotel della Città et de la Ville con il Centro Studi Fondazione Livio e Maria Garzanti. È opera dell'architetto milanese Giò Ponti su incarico di Aldo Garzanti, il famoso editore. Progettato nel 1953 e terminato nel 1957 è, con i suoi spioventi invertiti, le finestre esagonali, gli spazi aperti ed il respiro fra i corpi, un'icona degli anni cinquanta.
Questo corso, via di porticati e negozi, congiunge piazza Saffi con la via Ravegnana (per Ravenna), verso nord, dove un tempo sorgeva la Porta di San Pietro. L'antica chiesa, ora scomparsa, di San Pietro in Scottis, rifugio per pellegrini scozzesi, dà nome al rione "San Pietro".
Appena imboccato il Corso, provenendo da piazza Saffi, dopo il Palazzo degli Uffici Statali si trova, in una via a sinistra, la Torre Numai, ricordo di un'antica famiglia nobiliare.
Importante è la Chiesa del Carmine, che ospita il convento dei carmelitani: l'ingresso presenta un pregevole fregio in marmo d'Istria, in origine abbellimento dell'entrata del Duomo.
Si tratta del corso più lungo, che da piazza Saffi arriva a Porta Schiavonia e costituisce la parte di via Emilia verso ovest, cioè verso Faenza e Bologna, attraversando la zona più antica della città, dove notevoli palazzi signorili si sono conservati fino a oggi. È la strada più antica della città, attorno alla quale Forlì ha cominciato a svilupparsi. Il nome "Schiavonia", ampliato tuttora all'intero rione (il vecchio "Borgo Schiavonia"), deriva dal ricordo degli schiavi forlivesi deportati in Spagna dal barbaro Alarico e liberati dal vescovo Mercuriale. Per magnificare l'epopea risorgimentale, su proposta dell'onorevole forlivese Tito Pasqui, il corso fu poi dedicato a Giuseppe Garibaldi.
Chiesa di Sant'Antonio Vecchio
Questo corso porta da piazza Saffi al piazzale di Porta Ravaldino (porta non più esistente), e al viale dell'Appennino che, verso sud, collega la città a Predappio e Castrocaro Terme, dirigendosi poi a Firenze. È l'asse portante del rione "Ravaldino", nome di origine incerta, ma noto fin dal Medioevo. Esiste, nelle prime colline forlivesi, anche una località chiamata "Ravaldino in Monte".
Vicino al centro sorge il palazzo Orsi Mangelli
Sempre all'inizio del Corso, si trova il Teatro Comunale intitolato al drammaturgo forlivese Diego Fabbri.
Più avanti, si trova la Chiesa di Sant'Antonio Vecchio (secolo X), oggi Sacrario dei Caduti
Interessante è anche la Chiesa di Sant'Antonio Abate in Ravaldino, degli inizi del XVIII secolo, che ospita, tra altri bei dipinti e statue lignee, una Visitazione di Marco Palmezzano; si segnala anche un organo di Alessio Verati.
Il tratto finale affianca la possente Rocca di Ravaldino, cittadella centrale nel sistema difensivo delle mura medievali già ai tempi degli Ordelaffi e centro di governo, in particolare sotto Caterina Sforza: la Rocca fu il principale teatro dello scontro con le truppe francesi e pontificie di Cesare Borgia. Ne L'Arte della Guerra, Machiavelli descrive la Rocca così: "Era tutta quella fortezza piena di luoghi da ritirarsi dall'uno nell'altro, perché vi era prima la cittadella, da quella alla rocca era uno fosso, in modo che vi si passava per uno ponte levatoio; la rocca era partita in tre parti, e ogni parte era divisa con fossi e con acque dall'altra, e con ponti da quello luogo a quell'altro si passava".
In questa via abitava il senatore Roberto Ruffilli dove nella sua casa venne ucciso dalle brigate rosse del partito comunista combattente.
Proseguendo per corso della Repubblica da piazza Aurelio Saffi si arriva al piazzale della Vittoria, che funge sia da grande rotatoria sia da svincolo tra Corso della Repubblica, Viale Roma, Via Corridoni, Viale Matteotti e Viale della Libertà. Al centro emerge su un'alta colonna il monumento ai caduti, costruito nel 1932. Sul piazzale si affaccia il palazzo dell'ex collegio aeronautico, in stile razionalista, ora adibito a scuole. Ai due lati dell'imbocco di corso della Repubblica vi sono le Palazzine gemelle, costruite nel 1933. Vi si affaccia anche la facoltà di economia dell'Università di Bologna e l'istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. Dal piazzale inoltre, si accede all'ingresso monumentale del parco della Resistenza.
Proseguendo dal piazzale della Vittoria verso la stazione ferroviaria si attraversa il viale della Libertà. Con una larghezza di quaranta metri e l'orientamento perpendicolare alla Via Emilia, presenta una nutrita rappresentanza di edifici che costituiscono importanti esempi dei vari stili architettonici del Ventennio.
Palazzi di interesse architettonico ubicati sul viale:
Case economiche per i postelegrafonici
Case economiche dei ferrovieri
Villino Boni
Scuola primaria Edmondo De Amicis
Sede dell'Istituto tecnico industriale
Ex Casa del Balilla
Palazzo dell'ex collegio aeronautico
Prima dell'abbattimento della cinta muraria una consistente area a ridosso delle mura formava un anello, interno le mura stesse, quasi completo a 360°, di verde pubblico destinato alla coltivazione. Questi orti, presenti nel medioevo, dovevano fornire l'area necessaria per essere coltivati e quindi produrre il sostentamento necessario in caso di eventuale assedio della città. Quest'area verde per la città si è sempre mantenuta fino all'inizio del novecento quando, decidendo di ampliare città oltre le mura, cominciarono ad essere edificate. Oggi di questi orti rimangono solo pochi tratti.
Il territorio comunale e cittadino è comunque decisamente ricco di piccole aree verdi e di quattro grandi parchi pubblici:
Parco di via Dragoni
Parco della Resistenza
Parco Urbano Franco Agosto
Parco Paul Harris
Sul territorio comunale sono tuttora presenti molte vecchie piante di gelso, ultimi testimoni di un periodo in cui questo tipo di albero era molto diffuso. Le sue foglie fatte venivano raccolte utilizzate per nutrire i bachi, il cui allevamento era fiorente ed alimentava la solida industria della seta.
alcune strade cittadine ed altre extraurbane sono poi caratterizzate ai lati da filari di alberi, come quelle della via lughese (la strada che conduce a Lugo) e le Via cervese (la strada che conduce a Cervia), anche se da anni tale alberatura e messe in discussione per motivi di sicurezza stradale.
In base alla legge regionale 2 / 1977 sono stati individuati anche alcuni alberi monumentali di pregio, tra cui una roverella di oltre duecento anni, 3 pioppi neri di oltre 130 anni ed un platano orientale di oltre 170 anni di età. Quest'ultimo è in realtà l'albero più noto, ammirato e conosciuto ed è ricordato come l'albero di Giosuè Carducci. Dagli alberi degni di nota possono essere ricordate anche 2 piante da frutto: un giuggiolo secolare ed una pianta di albicocco di sessant'anni.
Vi sono poi 3 relitti boschivi di notevole importanza naturalistica presente nel territorio comunale. Il più importante è la Selva di Ladino, di proprietà del Comune, e considerata la superstite della Selva Litana. L'integrità di tale bosco è comunque minato dalla strada provinciale (via del partigiano) che la taglia in 2. La Selva di Ladino è un'area boschiva di circa 5 ettari con reverenza di roverelle, il cui ultimo taglio risale al 1946, di altezza media di oltre 15 metri. La Selva di Ladino si fonda con la vegetazione spontanea del vicino fiume Montone, costituendo un sito naturalistico botanico di notevole importanza e riconosciuto come Sito di Importanza Comunitaria (S. I.C.).
Vi è un altro piccolo bosco che si trova nella frazione di Ravaldino in Monte più giovane di quello di Ladino.
un 3º sito boschivo è un querceto che si trova a Farazzano, al confine con il territorio di Meldola che possiede cerri di circa 80 anni di età.

Un parco di notevole interesse naturalistico è l'oasi di protezione di Magliano, istituita nel 1984 dall'amministrazione provinciale per la salvaguardia dell'avifauna acquatica. Quest'area si estende per 680 ettari ed è compresa tra i comuni di Forlì, Forlimpopoli e Bertinoro.
Uno spazio verde poco conosciuto è quello che si trova sulle sponde del fiume Ronco e che viene chiamato Ronco lido. Ai primi dell'Ottocento i forlivesi, che non avevano in mare vicino, pensarono di utilizzare le sponde del fiume quale surrogato del mare. Vennero così costruiti sulla sponda del fiume un'area balneabile costituito da una piccola spiaggia, una strada i piccoli stabilimenti balneari.
La più antica fonte dalla quale sia possibile estrarre elementi di demografia locale è la Descriptio provinciæ Romandiolæ, un rapporto statistico redatto per volere del cardinale Anglico de Grimoard, legato pontificio della Provincia Romandiolæ. Il documento, datato 9 ottobre 1371, contiene una minuziosa descrizione topografica e amministrativa dei luoghi, dei tributi fissi e delle persone che avevano capacità contributiva. La Descriptio provinciæ Romandiolæ era soprattutto uno strumento per la riscossione delle tasse, ma indirettamente fornisce utili indizi circa la popolazione. Il documento censisce solo i fuochi, quindi i nuclei familiari (e non il numero delle persone) in grado di pagare un censo. I focularia presenti a Forlì erano 2300, e questo la rendeva la città più popolosa della Romagna. Poiché vengono indicati solo i focolari e non il numero degli abitanti, è difficile stabilire un numero esatto della popolazione. Indicativamente 2300 focolari dovevano corrispondere ad una popolazione compresa tra i 10000 ed i 13000 abitanti, a cui si dovevano aggiungere qualche centinaio di religiosi che, non essendo sottoposti a tassazione, non rientravano nel numero censito dalla Descriptio provinciæ Romandiolæ.
Ai fini erariali, furono condotti studi demografici anche nella Forlì pre-unitaria. Nel 1770 la città contava 10.632 abitanti, nel 1786 ne contava 11.619 più 13.380 nelle zone rurali
Secondo l'almanacco del Dipartimento delle Rubicone del 1811, conservato nell'archivio di Stato, Forlì era la città più popolosa della Romagna con 12.955 abitanti (13.565 considerando il Comune), seguita da Faenza con 12.512, Ravenna 10.244, Cesena con 8110 e Rimini con 8082.La popolazione complessiva del dipartimento del Rubicone era di 271.091 abitanti.
Nel 1820 vengono contati 13.471 abitanti, nel 1828 vengono censiti 17.192 abitanti solamente nelle zone rurali mentre nel 1830 gli abitanti della città sono 13.390. Nel 1834 si registrano 17.417 abitanti nelle zone rurali nel 1840 vengono censiti 15.637 abitanti all'interno della città. Nel 1850, ultima rilevazione nella Forlì pre-unitaria, si registrano, all'interno della città, 15.902 abitanti
La popolazione cittadina, dopo l'incremento più sostenuto degli ultimi decenni del settecento, mostrava un tasso di crescita assai più contenuto a partire dai primi anni della restaurazione, in concomitanza con la crisi del 1816-1817. Il tasso di crescita così basso destò preoccupazione nella locale commissione del primo censimento dell'Italia unita nel 1861. La commissione infatti sottolineava come nel lungo periodo il tasso di incremento della popolazione appariva del tutto insoddisfacente, essendosi attestato, nel trentennio 1830-1860, a poco più dello 0,4%, con un saldo positivo di soli 4335 individui in termini assoluti. I morti infatti erano stati 33.342 e le nascite erano 37.349.
Nel censimento effettuato nel 1881 il numero degli abitanti del comune era di 40.934 suddivisi, secondo il luogo di dimora, in 16.016 in città, 2023 nei sobborghi e 22.895 nelle campagne. Tenuto conto degli abitanti riuniti nelle frazioni rurali, la popolazione agglomerata era all'incirca di 19.000 persone.
Dall'ufficio di stato civile risulta che la popolazione del comune di Forlì all'ultimo dell'anno 1892 era di 44.285 persone. Tale ufficio tiene distinta la popolazione in urbana, cioè quella che vive all'interno della cinta muraria, e di rurale, vale a dire quella che si trova al di fuori delle mura cittadine. Tale divisione porta a 16.000 persone all'interno della città e 28.085 nelle aree rurali.

Il censimento del 1881 contava a Forlì 14.000 persone addette all'agricoltura, 5.600 industriali o molto più spesso artigiani, 600 commercianti, e 1400 benestanti o inattivi, 1400 impiegati, 1000 militari, 370 impiegati governativi e comunali, 160 religiosi, 25 fra avvocati e notai, 85 addetti alle professioni sanitarie (medici, chirurghi, farmacisti veterinari e infermieri), 200 insegnanti, 46 fra ingegneri e architetti, 140 facchini, 225 mendicanti e 5000 senza professione, la maggior parte erano donne addette alle cure domestiche e 3000 che non si classificavano in alcuna di queste categorie. In questo censimento non venivano considerati bambini al di sotto degli 8 anni.
Il censimento del 1901 fu il primo, nell'Italia unita, a suddividere la popolazione del comune secondo l'area di residenza; in totale vi erano 43.325 abitanti di cui 15.465 residenti in città e 27.860 nelle campagne. La popolazione perciò era prevalentemente ubicata nelle campagne e, confrontando i dati con i censimenti successivi, si denota un progressivo abbandono delle campagne a favore della città.
Dopo il 1860, a seguito di una lenta ma progressiva meccanizzazione delle campagne e la nascita delle prime fabbriche, un numero sempre maggiore di braccianti si orientò verso la città che quindi cominciò a crescere di abitanti. L'amministrazione comunale nel 1862 avvia uno studio per classificare la popolazione dividendola per età. Nella città i maschi da zero a 15 anni sono 2013, le femmine 2031. Fra i 15 e i 30 anni i maschi sono 3652 e le femmine 2178. Tra i 30 e di sessant'anni i maschi sono 2940 e le femmine 3156 mentre tra i 60 e i 93 anni i maschi sono 799 e le femmine 954. In linea generale perciò la popolazione del comune era composta in grande maggioranza da bambini (circa il 30%) e da adulti, mentre gli anziani erano circa il 7-8% del totale
Ospedale Villa Igea
Il primo ospedale cui si abbia memoria a Forlì, sorse tra l'XI e XII secolo ed era noto con il nome di casa di Dio. Per tutto il medioevo gli ospedali, erano in prevalenza delle confraternite di carità o congregazioni di carità. Erano istituzioni a carattere laico e, essendo numerose, si distinguevano per il colore del saio, lo stesso dell'ordine che appartenevano. Queste pubblicazioni avevano degli ospizi e possedevano una loro piccola chiesa. Le più importanti congregazioni erano quelle dei battuti.
Fra gli antichi luoghi di cultura forlivese, vanno certamente citate le Accademie:
Accademia dei Filergiti
Accademia dei Filodrammatici
Accademia dei Filarmonici
Accademia dei Filoginnastici.
L'Istituto Musicale “A. Masini”, denominato "Liceo Musicale" fino al 2011, anno nel quale venne istituito nella città di Forlì un Liceo Musicale Statale, venne istituito nel 1926 per iniziativa dell'omonimo tenore forlivese e del Comune di Forlì. Nel 1932 fu emanato un Regio Decreto che sanciva la sua trasformazione in Ente Morale con il fine statuario di “istruire i giovani nelle varie discipline musicali, di abilitarli all'esercizio della professione e di diffondere la cultura musicale”, status e mission che sono stati confermati nel 1982 con apposito Decreto del Presidente della Repubblica.
Attualmente l'istituto conta 30 docenti e 300 allievi, che frequentano 18 corsi principali (Canto, Chitarra, Clarinetto, Clavicembalo, Composizione, Contrabbasso, Corno, Fagotto, Flauto, Oboe, Organo, Pianoforte, Propedeutica, Saxofono, Tromba, Trombone, Violino, Violoncello, Corsi per adulti). Oltre che allo sviluppo della cultura strumentale i corsi sono finalizzati alla formazione professionale seguendo i programmi ministeriali dei Conservatori. Gli allievi sono seguiti individualmente nelle lezioni di strumento e partecipano a corsi collettivi di solfeggio, storia della musica, armonia complementare e alle attività di musica d'insieme.

L'Istituto “A. Masini” promuove la divulgazione della cultura musicale anche attraverso il coordinamento della stagione concertistica comunale e l'organizzazione di master class, corsi per adulti di guida all'ascolto, conferenze, pubblicazioni storico - musicali, ed incontri musicali con le scuole primarie e secondarie del territorio.
Il liceo scientifico statale Fulcieri Paulucci di Calboli è stato istituito con regio decreto del 9 settembre 1923 e, inizialmente, ha avuto sede nei locali del Palazzo dei Signori della Missione, al tempo chiamato palazzo degli studi. La scuola fu sovvenzionata dalla cassa scolastica o elargizioni del senatore Raniero Paulucci di Calboli, in memoria del figlio Fulcieri, per un totale di 10.000 lire. Nel 1972 l'istituto fu poi trasferito nell'attuale sede, nella periferia di città, formando il centro studi insieme all'Istituto tecnico commerciale e all'Istituto geometri.
Le istituzioni museali della città di Forlì sono:
Musei di San Domenico
Pinacoteca civica
Palazzo Romagnoli (ospita la Collezione Verzocchi)
Palazzo del Merenda (ospita il Museo della ceramica, l'Armeria Albicini e l'Archivio Piancastelli)
Museo archeologico Antonio Santarelli
Museo Etnografico
Museo del Risorgimento
Museo romagnolo del Teatro
Museo Storico "Dante Foschi" (Via Piero Maroncelli, 3 Presso il Palazzo del Mutilato)
Casa Museo "Villa Saffi" (Via Firenze, 164 - frazione San Varano)
Museo Ornitologico "Ferrante Foschi" (Palazzo Numai, Via Pedriali, 12)
Museo della Ginnastica, che avrà sede presso la Casa del Balilla dopo le ristrutturazioni iniziate nel 2009.
Teatri[modifica | modifica wikitesto]
Teatro Diego Fabbri
Teatro San Luigi
Teatro Giovanni Testori
Teatro Il Piccolo

Teatro dell'Arca