FORLI' (parte seconda)
La località dove sorge l'attuale Forlì fu abitata sin dal
Paleolitico, come dimostrano i copiosi ritrovamenti di Monte Poggiolo (località
situata a poco più di dieci chilometri dalla città): qui sono stati ritrovati
sia migliaia di reperti datati a circa 800.000 anni fa sia reperti più antichi
che si spingono anche oltre il milione di anni fa, quando il luogo dove sorge
la città attuale non era ancora emerso dalle acque.
Da quanto è possibile desumere dagli studi geologici, è
possibile notare che le conoidi di deiezione dei fiumi Ronco, Montone e Rabbi
causarono, con lo scorrere del tempo, l'accumulo di detriti alluvionali nelle
rispettive vallate: una volta colmate, in esse è sorto un vasto territorio
pianeggiante a carattere sostanzialmente paludoso che ha permesso
l'insediamento delle prime popolazioni.
Per quanto riguarda la presenza umana, è possibile tracciare
un quadro della realtà paleolitica umana di Forlì solo unendo i dati che
provengono da tutto il territorio provinciale. Le più antiche testimonianze
umane infatti sono molto disperse e frammentarie e non possono essere valutate
singolarmente ma devono essere studiate con altre informazioni che provengono
dai territori circostanti. Fino agli anni settanta infatti si sosteneva che il
territorio forlivese non fosse nemmeno stato abitato da alcuna popolazione
umana durante il paleolitico. Le prime segnalazioni, provenienti dal sito di
San Damiano, risalgono al 1953 ma vengono prese in considerazione solo 20 anni
più tardi quando vengono scoperti numerosi resti di insediamenti paleolitici e
migliaia di manufatti litici.
Occorre aspettare le fasi terminali del paleolitico
inferiore per poter rinvenire altre evidenze archeologiche nel territorio
forlivese. A 150.000 anni fa, ad una fase corrispondente alla fine della
Glaciazione rissiana, risalgono invece reperti archeologici ritrovati in
località Petrignone, Castiglione e Oriolo, consistenti in reperti litici, in
selce o ftanite. Non si sa, poiché non sono stati ritrovati resti di ossa,
quali fossero gli uomini ad aver lasciato le pietre scheggiate ritrovate, se
l'Homo erectus o l'Homo sapiens. È possibile invece ricostruire l'ambiente nel
quale quegli uomini vissero: i rilievi, più dolci rispetto a quelli attuali,
ospitavano una vegetazione composta in prevalenza da piante erbacee annuali e,
più radi, erano invece gli alberi. Presso il Conca sono stati ritrovati resti
di elefanti, rinoceronti, bisonti e megaceri i quali vivevano in un ambiente
probabilmente più freddo di quello attuale. L'alto numero di insediamenti
ritrovati, unitamente al ridotto numero di reperti litici presenti in ognuno di
essi, fa presupporre che tali insediamenti non fossero stabili. Ciò fa perciò
ipotizzare continui e rapidi spostamenti causati da un ambiente dal clima
rigido e dalle scarse risorse naturali.
Il territorio forlivese non ha restituito reperti litici
appartenenti a questo periodo, elemento in comune con buona parte delle aree
dell'Emilia-Romagna. L'assenza di informazioni, più che alla mancanza della
presenza umana nel territorio, è da attribuire invece a fenomeni di natura
geologica e ambientale che non hanno permesso la loro conservazione o ne hanno
mascherato la loro presenza
Per ora un solo sito ha restituito reperti risalenti a
questo periodo: il giacimento delle Fornaci di San Damiano. In argille
stratificate sono stati rinvenuti grattatoi e strumenti a dorso.
Importanti tracce umane sono databili al Neolitico: sono
invece scarse le testimonianze neolitiche ed eneolitiche. Risultano invece più
abbondanti e significativi i resti lasciati da comunità umane databili all'età
del bronzo e del ferro.
La vita di questi uomini rimase nomade fino ad un periodo
compreso fra i 10.000 ed i 6.000 anni fa quando, per l'uomo, avvenne una vera e
propria rivoluzione: con la scoperta dell'agricoltura gli insediamenti
diventarono stabili, dando origine a piccoli villaggi. Addomesticando ed
allevando gli animali. Successivamente questo permise anche la scoperta della
lavorazione dei metalli e l'affinazione di tali tecniche lavorative.
A circa 5.000 anni fa (circa il 3000 a.C.) risalgono tracce
della lavorazione del metallo e sempre al V millennio a.C. si registra la
presenza di genti portatrici della ceramica impressa. Tali popolazioni,
provenienti dall'area abruzzese-marchigiana, erano a conoscenza di nuove
tecniche, avevano imparato l'allevamento e l'agricoltura. Poche nel forlivese
sono le presenze di queste popolazioni mentre, per quanto riguarda il neolitico
medio e finale, si riscontrano numerosi reperti.
Durante questo periodo nel forlivese sorsero villaggi
stabili, alcuni dei quali si trovavano nella fascia della bassa e media
collina, lungo le valli che portano verso gli Appennini. Venivano così a
delinearsi le prime vie di comunicazione che, congiungendo la pianura e le
colline, saranno utilizzate ed ampliate successivamente dai Romani. Proprio
grazie all'incrociarsi di tali piste di comunicazione, tracciate tra macchie e
foreste, alcuni di questi villaggi del forlivese assunsero sempre maggiore
importanza, in particolare quelle che, sorgendo sulle rive dei fiumi, potevano
assicurare anche un continuo approvvigionamento di acqua. Tali villaggi,
sviluppatisi più delle altre, diventarono centro di scambio per prodotti
agricoli e manufatti artigianali. Nella zona di Vecchiazzano, esattamente in
località Bertarina, sono state ritrovate importanti resti di culture
medio-adriatiche, come resti di accampamento, rudimentali forme di
fortificazioni e frammenti di ceramiche decorate. Qui, da scavi condotti a
circa 2 metri di profondità, in un sito sopraelevato alla sinistra del Rabbi,
sono stati rinvenuti importanti reperti testimonianti la produzione di
ceramiche e resti di pietra lavorata.
Durante il pieno neolitico è documentata la presenza nel
forlivese di popolazioni che hanno abitato la zone durante il IV millennio
a.C., testimoniata da frammenti di scodelle ed un coperchio decorato nello
stile meandro-spirale. È questa una notevole scoperta, infatti tali tipo di
cultura era stata documentata nell'Emilia occidentale, nella provincia di
Modena, ma non ancora nella Romagna.
Risalenti al 1700 - 1800 a.C. nel territorio forlivese
vengono ritrovate le prime tracce dell'età del bronzo: a San Lorenzo in Noceto
sono stati rinvenuti asce e pugnali in bronzo mentre, nel perimetro
dell'attuale centro cittadino, sono stati ritrovati, nella zona dell'ex-fornace
Gori ed in località Cappuccini, significativi resti della lavorazione del
bronzo. A Coriano, frazione di Forlì, sono stati scoperte altre tracce dell'età
del bronzo, come tre punte di freccia ed un pugnale con manico.
Alla seconda metà del III millennio si fa risalire l'inizio
dell'età dei metalli. Le notizie relative all'età del rame nel forlivese sono
praticamente frutto di rinvenimenti occasionali e fortuiti. tali rinvenimenti
dimostrano come la popolazione umana fosse distribuita lungo le valli del
Montone, del Rabbi e del Ronco. Sono stati rinvenuti ceramiche con superficie
lavorata a squame, brocche e boccali nonché punte di lance e lame di coltelli e
pugnali.
L'età del bronzo si fa risalire al XIX secolo a.C. Forlì e
la Romagna in generale si dimostrano abbastanza avare di reperti risalenti a
tale periodo. Le maggiori attestazioni dell'attività umana in tale periodo
storico sono i reperti rinvenuti a San Lorenzo in Noceto. Il sito, di rilevante
importanza, noto fin dal 1678, era una sorta di ripostiglio di oggetti in
bronzo ed era costituito da 41 asce in bronzo, ben 506 pugnali a lama triangolare,
un'armilla a verga. Con il passare dei secoli quasi tutti i reperti andarono
perduti. Ciò che si salva oggi sono solo due asce e l'armilla, conservate al
Museo Archeologico. Tali reperti indicano lo sviluppo di aree commerciali e
dell'attività metallurgica nel forlivese.
Nel bronzo medio (all'incirca XVI-XIV secolo a.C.) la
Romagna è raggiunta dalla civiltà appenninica propria dell'Italia peninsulare.
Tali genti hanno probabilmente solcato i territori forlivesi ma la carenza di
ricerche non ha permesso di evidenziare significativi reperti che appartengano
a questo periodo, e nemmeno al bronzo recente (XIII secolo a.C.). Negli
insediamenti noti per di più, a causa del profondo popolamento della zona
durante il periodo del bronzo, sia medio che recente, i reperti si trovano
mescolati tra loro e risulta complicato suddividerli per epoca. Si è notato
che, dai reperti ritrovati, le ceramiche nel bronzo medio, divengono decorate
con bande meandro-spiraliche ottenute con la tecnica dell'incisione o dell'intaglio.
Per quanto riguarda il bronzo recente si rinvengono
innovazioni nelle fogge vascolari: i vasi perdono le decorazioni a spirale e
compaiono anse di varia foggia. Il più importante ritrovamento di tale periodo
è localizzato nell'area denominata ex fornace Gori e in località Cappuccinini:
si tratta di un unico villaggio costituito da circa 30 capanne risalente al
bronzo recente.
Molto rilevante fu invece lo scavo condotto da Antonio
Santarelli nel sito della località Bertarina, presso Vecchiazzano. Di questo
insediamento sono pervenuti resti di capanne, di focolari e di ceramiche le
quali appartengono sia al bronzo medio sia, in quantità maggiore, al bronzo
recente. I bronzi rinvenuti comprendono un pugnale e 4 spilloni.
Molto meno noto ma pur sempre rilevante è il sito di
Villanova individuato sempre da Santarelli nel 1891. Poiché il sito era a soli
40 centimetri dal piano di calpestio, i lavori agricoli hanno distrutto buona
parte del sito, mescolando per di più i reperti appartenenti a diverse epoche.
Per i primi due secoli dell'età del ferro, il territorio
forlivese fornisce scarsissime attestazioni di attività umana. Tale situazione
è comune a buona parte della Romagna, e ciò è spiegabile a causa del
deterioramento climatico che, verificatosi a partire dal 900 a.C., deve aver
compromesso gravemente l'abitabilità del territorio forlivese. Sebbene
ritrovamenti interessanti come un pendaglio, una fibula ed un'ascia possano
indicare che il territorio non si spopolò completamente, bisogna attendere la
fine del VII secolo a.C. per rinvenire più numerosi reperti, di notevole
importanza: la stele di San Varano ed il corredo funebre di Carpena.
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