domenica 20 aprile 2014

La val di Fassa,val di Fiemme e val di Cembra al VII Festival Europeo del Gusto di Grantorto - A maggio la presentazione a Maser, per 'Comunicare per Esistere'

Festival Europeo del Gusto a Grantorto

un’occasione per parlare di mobilità e territorio . A questo appuntamento ha partecipato anche l'Associazione Transdolomites sabato 1 marzo .
Per la stesura della  relazione di presentazione ha collaborato in maniera determinate Anna Mazzel programmista della Redazione RAI Ladina di Bolzano.
Massimo Girardi è entratao a far parte del Consiglio della rete dei Borghi Europei del Gusto

 Presentazione storico- geografica:


La val di Fassa, val di Fiemme e val di Cembra, sono le tre valli lungo le quali è stato progettato il percorso del trenino dell’Avisio, il fiume che le percorre dalla Marmolada a Lavis per poi gettarsi nell’Adige.La popolazione locale totale è di circa 41.000 persone che aumentano notevolmente durante il periodo estivo ed invernale visto che la zona ha ampia vocazione turistica.
Il turismo caratterizza soprattutto la Valle di Fassa (ca. 10.000 ab. 7 comuni) situata nel cuore delle Dolomiti con il loro affascinante passato geologico. Emerse dal mare tropicale conservano infatti nelle loro rocce innumerevoli testimonianze di una vita marina iniziata 290 milioni di anni fa. Le enormi pressioni dell’era glaciale ed i fenomeni erosivi hanno continuato a modellare, nel corso dei millenni, i profili dei "Monti Pallidi" con torrioni, guglie, cime frastagliate, pinnacoli, fino a trasformarle in quei possenti ed incantevoli monumenti che sono oggi. Quando la luce del sole si riflette sulle pareti delle Dolomiti, tingendole di rosso fuoco, o, quando all’alba i primi raggi penetrano all’orizzonte, ecco realizzarsi l’incredibile fenomeno dell’Enrosadira, un’esplosione di colori che in pochi attimi trasforma il panorama e anima magicamente le montagne e tutto il paesaggio circostante. Numerose sono la “contìes” legate al fascino e bellezza delle montagne che rispecchiano anche la cultura e tradizione orale della valle… sembra infatti che gli albori della letteratura ladina, la lingua parlata dalla popolazione di Fassa, abbia origine proprio nelle leggende.
Ogni cima è legata alle leggende : il Catinaccio, Rosengarten in tedesco, è il giardino delle rose di Re Laurin, il Sassolungo, la terra della principessa trasformatasi in usignolo, i Monti Pallidi, come spesso vengono definite le Dolomiti, il frutto del lavorio dei “zeberchies” gli gnomi che filando la luce della luna le resero più luminose ed accoglienti per la principessa della Luna…. Regina incontrastata di queste montagne per la maestosità e l’imponenza è la Marmolada (3.342 m s.l.m.) che comprende il ghiacciaio più esteso delle Dolomiti, il cosiddetto "mare gelato".
Il 26 giugno 2009 a Siviglia le Dolomiti sono state ufficialmente riconosciute dall’Unesco come Patrimonio Mondiale Naturale dell’Umanità. La particolarità di queste montagne si rispecchia anche nella popolazione che parla una lingua antica, il ladino, ed è riconosciuta come minoranza linguistica assieme alle popolazioni delle vicine valli di Badia, Gardena, Livinallongo e Ampezzo. Lingua, usi e costumi di Fassa sono particolari ed ancor oggi amati e conservati dalle genti e sostenuti dell’Istituto Culturale Ladino e del Museo Ladino che raccoglie e studia i materiali inerenti alla storia, all’economia, alla lingua, al folclore, alla mitologia, ai costumi ed usi della comunità ladina. Questi enti si trovano a San Giovanni (comune di Pozza) accanto all’antica chiesa in stile gotico dedicata al Santo che dà il nome alla frazione ed era anticamente il fulcro della vita religiosa della valle. Di epoca assai remota è invece la chiesa di Santa Giuliana, patrona della val di Fassa, che risale all’epoca precarolingia. Essa fu costruita su un luogo di culto preistorico, luogo sacrificale della popolazione che abitava queste valli in età retica. Si erge ai piedi delle Dolomiti, su di un colle che sovrasta tutta la valle. All’interno si possono ammirare pregiate opere d’arte e sulla volta troneggia la Santissima Trinità in un'unica persona a tre visi. Si tratta di una delle pochissime raffigurazioni della Santissima Trinità con triplice volto ancora conservate. L'autore degli affreschi è un buon artista appartenente alla cerchia del maestro Leonardo che operava a Bressanone verso il 1540.
La bellezza delle Dolomiti e le sue peculiarità attraggono ogni anno migliaia di persone ma, nonostante la forte antropizzazione del territorio e l’intenso sfruttamento turistico, la valle di Fassa presenta ancora qualche angolino tipico e tranquillo come le frazioni di Penìa (comune di Canazei) , Pian (comune di Campitello) Someda o Peniola (comune di Moena) dove si possono vedere le costruzioni tipiche di casa con forno a vista e stalla o fienile.
Un’ economia mista presenta invece la valle di Fiemme, (ca. 20.000 ab. 11 comuni ) fattasi promotrice di varie edizioni di Campionati del mondo di sci nordico valorizzando gli ampi spazi di fondovalle. Ricchi sono i suoi boschi gestiti secondo una consuetudine comunitaria grazie all’istituzione della Magnifica Comunità di Fiemme agli inizi del XII secolo. Un ente di tipo feudale il cui primo riconoscimento ufficiale è datato 1111 d.C. che gestisce tuttora un rilevante patrimonio boschivo ed immobiliare soggetto ad usi civici, proprietà della Comunità dei Vicini (residenti nel territorio) . La sede storica della Magnifica Comunità è un palazzo rinascimentale a Cavalese, le cui stanze sono splendidamente affrescate ed ospitano una vasta collezione di dipinti della Scuola Pittorica di Fiemme: gli Unterperger, Alberti, Longo, Rovisi, Giovanelli, Bonora e Vanzo.
Particolarità dei boschi della valle di Fiemme è la qualità degli abeti rossi il cui pregiato legno di risonanza era apprezzato già da Stradivari e da altri maestri liutai. Per le straordinarie caratteristiche acustiche, l’abete rosso di risonanza è tuttora ricercato per realizzare le tavole armoniche di pregiati strumenti a corda quali organi, pianoforti, violini, viole e altri ancora.
L’azienda Ciresa di Tesero, che realizza tavole armoniche, ha calcolato che  nel mondo suonano 160 mila pianoforti grazie all’abete di Fiemme. Accanto al legno di notevole interesse sono anche le rocce e non è un caso che il museo civico di geologia nasca a Predazzo in una zona già nota tra gli studiosi del secolo scorso come il giardino geologico delle Alpi. Il Museo valorizza e promuove la conoscenza del
patrimonio geologico e mineralogico locale, proponendo laboratori didattici interattivi e organizzando escursioni guidate alla scoperta di questo affascinante mondo in cui è scritta la storia della Terra e in particolare delle Dolomiti, con il sentiero geologico del doss Capèl, i percorsi della Malgola, dei monti Monzoni e delle miniere della Bedovina.

La valle di Cembra sotto il profilo storico- geografico si differenzia notevolmente dalle altre due, qui la viticoltura, imposta con la forza dall’uomo alla natura aspra della valle, si è realizzata attraverso i terrazzamenti che rendono il paesaggio davvero indimenticabile.
L’ambiente è piuttosto duro e povero e consta di 11 comuni con varie frazioni il cui capoluogo è Cembra ( 665 m.s.l.m.). Cembra sorge nel cuore della Valle, su un ampio terrazzo glaciale, aperto verso mezzogiorno su un ampio panorama. il Centro è ornato da palazzi signorili e contrade rurali: Campagna Rasa, I Piaggi, S.Rocco, S.Pietro, la Carraia e Fadana La valle è uno dei maggiori centri trentini della produzione pregiata del vino; i suoi vigneti scendono verso la Valle dell'Avisio, intensamente coltivati offrendone un bellissimo paesaggio.
L’eccellenza paesaggistica rurale di questa valle trentina viene esaltata dallo splendido connubio tra il paesaggio vitato, modellato sui dolci terrazzamenti da secoli di duro lavoro umano, e l’asprezza e la severità del territorio forestale e alpino che gli fa da cornice.
La “viticoltura eroica” praticata da millenni è stata resa possibile grazie ai terrazzamenti sostenuti da migliaia di antichi muri a secco che hanno uno sviluppo complessivo di circa settecento chilometri. Tali opere hanno richiesto un lungo e complesso lavoro comunitario che ha originato un legame particolarmente forte tra la gente e la sua terra e, attraverso la capillare messa a coltura di terreni boscati, ha permesso di ricavare i terrazzi dai pendii per facilitare la coltivazione ed evitare l’erosione delle terre arabili. La loro costruzione e manutenzione, ottenuta con tecniche antiche tramandate da generazioni, nonostante i secoli trascorsi mostra ancora tutta la sua efficacia.
Questo patrimonio paesaggistico è tuttavia sottoposto a molteplici minacce, ma allo stesso tempo oggetto di crescenti interessi. Per la sua unicità storico-rurale, nonché per il suo valore estetico ed etico, rappresenta un importante riferimento per le politiche di conservazione e salvaguardia paesaggistica nazionali ed internazionali. Il Ministero delle politiche Agricole, Alimentari e Forestali ha recentemente nominato la zona “Paesaggio rurale storico d’Italia” ed ha suscitato anche un interesse a livello europeo.
Altra importante fonte di reddito della valle è l’estrazione e la lavorazione del porfido.
Ma maggiore attrazione della Val di Cembra è quella delle
piramidi di terra di Segonzano: i “òmeni de Segonzàn” come popolarmente e con tono familiare e umano vengono chiamate in valle. Sono quattro gruppi di piramidi (alte fino a 20 metri) risultanti da un fatto erosivo: portano in testa una grande pietra e sono considerate le più belle del mondo.
Fra le poche opere d’arte una emerge per squisita eleganza: è la chiesa di San Pietro, a Cembra, del 1100. Ha uno slanciato campanile a trifore sormontate da quadriforme romaniche e all’interno è pressoché completamente affrescata. Solo il dipinto del Giudizio Universale sulla parete di nord ha un riferimento preciso: a Valentino Rovisi.
GASTRONOMIA
La cucina delle Valli di Fiemme, Fassa e Cembra, ma più in generale delle valli trentine, è inscindibilmente legata alle vicende storico-culturali che hanno caratterizzato queste terre nei secoli scorsi nonché alla non facile collocazione geografica.
Le valli godevano di un'autosufficienza dovuta all'isolamento che la condizione geografica comportava. La sussistenza era garantita da una fiorente attività agricola e d'allevamento. Le coltivazioni principali erano quelle del frumento, del grano saraceno, del farro, del miglio e del sorgo, mentre l'allevamento garantiva non solo la carne, ma anche il latte grazie al quale ha preso vita una variegata produzione casearia. A seguito dell'influenza germanica, vennero introdotti sulla tavola dei trentini prodotti quali la patata ed i crauti. Nei dolci era molto diffuso l'utilizzo del papavero che cresceva spontaneo oppure veniva coltivato, mentre il condimento era rappresentato dal burro, ma ancor di più dallo strutto derivato dall'allevamento del maiale. Da questa fase difficile il Trentino ne uscì grazie ad una ripresa economica e con lo sviluppo del turismo, con il quale sono state riscoperte le antiche tradizioni culinarie. In particolare sono state rivisitate le ricette tipiche che ora si possono ritrovare nei menù di qualche ristorante.
Tra queste ricordiamo in val di Fassa i popacei (farina, latte, acqua) ed i tipici gnocchetti detti fregolons. Altre proposte sono la “supa rostida” (farina, acqua e burro), la jufa (latte, acqua, farina di mais) e le varie zuppe di crauti, fagioli, trippa canederli di fegato. Da ricordare i ciajoncie da clòzegn realizzati con le pere essiccate per il ripieno ed il grestl, rosticciata a base di patate e cipolla e carne.
Tutti piatti basati sulla grande povertà , semplicità ed il  recupero di ogni rimanenza alimentare.
I prodotti tipici di queste terre sono quelli di alta montagna soprattutto in valle di Fassa ( 1.300-1.500 m.s.l.m.) per cui abbondano cibi a base di patate, crauti, uova, latte. I piatti più tipici sono sicuramente i canederli, i famosi gnocchi di pane preparati allo speck, al formaggio Puzzone di Moena, agli spinaci e nella versione dolce alla ricotta, alle albicocche o alle fragole. Tra i primi la scelta ricade anche sulla zuppa d’orzo, sui ravioli "ciajoncìe" ripieni di spinaci o fichi secchi, sui tagliolini ai funghi porcini o sulle pappardelle col ragù di selvaggina. I secondi, più robusti, includono senza dubbio la polenta, cucinata nel paiolo di rame, servita con formaggio fuso o abbinata a succulenti salsicce con crauti, allo spezzatino di capriolo e allo stinco di maiale. Come dolci, non si può dire di no alle "fortaes", una deliziosa pasta fritta dalla caratteristica forma a chiocciola, accompagnate dalla marmellata di mirtilli rossi e allo strudel di mele tiepido con crema alla vaniglia o con una spruzzata di panna fresca.

La Valle di Fiemme è nota per la produzione di una grande varietà di formaggi, come il Dolomiti, il Fontàl, il Valfiemme, e delle deliziose ricotte di capra, ma soprattutto per il famoso Caprino di Cavalese da assaporare con l’ottimo miele della Val Di Fiemme, autentica essenza della flora e dei profumi della valle.
I piatti tipici poco si discostano da quelli della Val di Fassa ma interessante è rilevare che dalla saggezza antica nascono anche infusi naturali a base di grappa trentina alle resine di pino mugo, genziana o prugnole selvatiche. Le produzioni tipiche di qualità che nascono in Val di Fiemme sono lo speck e i salumi freschi o stagionati, il miele, le marmellate e i piccoli frutti, lo strudel di mele, la selvaggina, i funghi, la pregiata Birra di Fiemme, le ricotte e gli yogurt caprini. Da ricordare è inoltre il gustoso Formae Val Fiemme di Cavalese che per i suoi alti valori proteici e la sua ricchezza di calcio e fosforo è stato definito il Formaggio dei Mondiali di Sci Nordico.
Anche la valle di Cembra presenta una cucina tipica fatta di alimenti poveri come la Rostida, piatto a base di patate lesse e arrostite nel grasso di bue che veniva servita a colazione al posto del pane mentre a cena veniva servita la Pinza, torta salata preparata con gli ingredienti di volta in volta disponibili in dispensa. Ben più ricchi erano piatti quali la Polenta e osei, il Cunel ossia il coniglio, il pollo arrosto e el Tonco Lustro, piatto a base di burro, pomodoro e farina che veniva insaporito con varie erbe aromatiche che accompagnava gli arrosti e le carni in umido. L’allevamento del maiale integrava la dieta di numerose famiglie contadine. La necessità di conservare a lungo la carne affinò la tradizione della produzione di salumi e insaccati, prodotti dalle diverse parti dell’animale. Tra i prodotti più caratteristici della Valle di Cembra, ottenuti dalla lavorazione di carni fresche, va ricordata la luganega, citata nei documenti già in epoca medievale. È un salamino di carne di maiale aromatizzata con sale, pepe nero e aglio, stagionato almeno per quattro settimane. La luganega fresca, non stagionata, è un ingrediente di molti piatti della tradizione, come i canederli, i crauti o lo “smacafam”; viene cotta alla griglia e servita con la polenta, o usata per insaporire i sughi. La luganega trentina – stagionata – si fregia del presidio Slow Food e va gustata con il pane, la polenta o il “tortèl de patate”. La carne salada è un salume prodotto dalla lavorazione di tagli pregiati di bovino, in salamoia di sale, pepe e bacche di ginepro e altri aromi. È tenera, gustosa, facilmente digeribile e magrissima (circa 1% di grassi). Tagliata a fette sottili è ottima per piatti di carpaccio di carne, accompagnata con scaglie di grana, porcini o rucola, condita con olio extravergine di oliva e limone, o consumata cotta, passata leggermente in padella, tradizionalmente servita con i fagioli. La carne salada successivamente affumicata e stagionata viene detta carne fumada.
Un altro prodotto tipico è il vitigno bianco Müller-Thurgau, che ha trovato in questa zona il suo habitat naturale dando vita a vini di grande qualità. Saperi secolari, vinacce aromatiche e acque pure sono alla base di un’altra produzione significativa, la grappa. Cembra ospita ogni anno a luglio la rassegna del Müller-Thurgau, diventata un appuntamento di rilevanza internazionale per gli amanti di questo vino bianco nato dall’incrocio fra Sylvaner e Riesling. Un centinaio di produttori da tutto il mondo portano qui i propri vini migliori, per cinque giornate dedicate alle degustazioni e agli assaggi di prodotti tipici. Dove non c’è la vite cresce il castagno e al di sopra vegeta il bosco misto.
I castagneti sono presenti in tutta la valle con piante secolari, in passato protetti anche da particolari norme del diritto consuetudinario. Rilevante da questo punto di vista è Albiano, dove il castagno campeggia perfino sullo stemma comunale. Ed è proprio ad Albiano che si sta scommettendo sul recupero delle tecniche della castanicoltura e dei castagneti storici. Si conserva memoria delle donne di Albian, che portavano in città, in occasione delle fiere, lunghe collane di marroni infilzati in cordicelle per la vendita: “Castègne, castègne bòne de Albian. Prevalèven (approfittatevene) chè l’è le pu bòne”.
La coltivazione delle erbe officinali, è favorita dal particolare clima della Valle di Cembra. Alcune di esse sono da sempre presenti nella flora spontanea sul territorio o venivano coltivate negli orti, che mettevano sempre a disposizione una piccola farmacia. Fra le specie officinali coltivate nei nuovi impianti vanno ricordate la malva (dalle proprietà emollienti e antinfiammatorie), la menta piperita (proprietà digestive, rinfrescanti e antinfiammatorie) e la calendula (ottima per la produzione di prodotti da impiegare per la pulizia e la cura della pelle). Fragole, lamponi, mirtilli, ribes e more sono alcuni dei piccoli frutti prodotti in Valle di Cembra.





sabato 19 aprile 2014

Il cibo di strada : Mic-Sar testimonial de l'Italia del gusto

 

L'Associazione l'Altratavola è sempre alla ricerca di nuovi stimoli, di nuove conoscenze, nel percorso del gusto del progetto 'Comunicare per Esistere, La Passione dei territori'.

Il cammino, fatto di curiosità e di autentica 'voglia', ha fatto incontrare il mondo del cibo di strada, degli artigiani del gusto che si muovono da paese a paese, soprattutto in occasione di feste, manifestazioni, cerimonie.
Il cibo da strada, secondo la definizione della FAO, è costituito da quegli alimenti, incluse le bevande, già pronti per il consumo, che sono venduti (e spesso anche preparati) soprattutto in strada o in altri luoghi pubblici (come mercatini o fiere), anche da commercianti ambulanti, spesso su un banchetto provvisorio, ma anche da furgoni o carri ambulanti.
“Il consumo di cibo per strada- osservano Diego e Catia,artigiani del gusto della Mic-Sar -, consente, in genere, di mangiare in maniera più informale, più rapida, e meno costosa rispetto al consumo di cibo in un ristorante o in altro luogo deputato allo scopo; per tale motivo, questa forma di alimentazione viene spesso preferita rispetto a modalità più formali di consumo, tanto da fargli occupare un posto importante nell'alimentazione umana (n.d.r. stime della FAO indicano in ben 2,5 miliardi di persone al giorno il numero di coloro i quali si alimentano in questo modo”.)

Catia e Diego offrono ai clienti la porchetta trevigiana con pane casereccio : è questo senza dubbio il loro punto di forza.
Ma, a seconda del volgere del calendario, sanno anche offrire dolci, cioccolato, insomma tutto un mondo di delizie accuratamente selezionate e proposte.
In fondo il cibo di strada diventa un rito. Un momento di socializzazione, dove volano i commenti , le battute, le osservazioni e le informazioni.
Diego è divenuto un testimonial-assaggiatore, spesso invitato dalla trasmissione l'Italia del Gusto a commentare le eccellenze dei diversi territori ospiti.


Diego e Katia ci accompagneranno nel viaggio lungo tutto lo stivale, emozionante e coinvolgente, alle radici della cucina italiana più verace, semplice e generosa, fatta di pochi ingredienti poveri, quella che ha nutrito il popolo per secoli. “Le bevande e le pietanze dello “street food all’italiana” testimoniano una grande storia, ricca di umanità e creatività: ve la raccontiamo attraverso i tanti protagonisti che abbiamo incontrato. Non certo “cuochi d’artificio” che vogliono stupire con effetti speciali, ma “food maker” che difendono con caparbietà e orgoglio i loro cibi di strada. Donne e uomini che ogni giorno aprono le loro botteghe e i loro chioschi, ove con immutata passione impastano, infornano, friggono, bollono, arrostiscono, regalandoti un sorriso o un moto d’arguzia.
Oggi è di gran moda parlare di cibo di strada senza però indagarne le origini e rivalutare le tradizioni locali che l’hanno originato. “ ( “Street food all’italiana – Il cibo di strada da leccarsi le dita” di Clara e Gigi Padovani, edito da Giunti )
 
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L'Associazione l'Altratavola è sempre alla ricerca di nuovi stimoli, di nuove conoscenze, nel percorso del gusto del progetto 'Comunicare per Esistere, La Passione dei territori'.

Il cammino, fatto di curiosità e di autentica 'voglia', ha fatto incontrare il mondo del cibo di strada, degli artigiani del gusto che si muovono da paese a paese, soprattutto in occasione di feste, manifestazioni, cerimonie.
Il cibo da strada, secondo la definizione della FAO, è costituito da quegli alimenti, incluse le bevande, già pronti per il consumo, che sono venduti (e spesso anche preparati) soprattutto in strada o in altri luoghi pubblici (come mercatini o fiere), anche da commercianti ambulanti, spesso su un banchetto provvisorio, ma anche da furgoni o carri ambulanti.
“Il consumo di cibo per strada- osservano Diego e Catia,artigiani del gusto della Mic-Sar -, consente, in genere, di mangiare in maniera più informale, più rapida, e meno costosa rispetto al consumo di cibo in un ristorante o in altro luogo deputato allo scopo; per tale motivo, questa forma di alimentazione viene spesso preferita rispetto a modalità più formali di consumo, tanto da fargli occupare un posto importante nell'alimentazione umana (n.d.r. stime della FAO indicano in ben 2,5 miliardi di persone al giorno il numero di coloro i quali si alimentano in questo modo”.)

Catia e Diego offrono ai clienti la porchetta trevigiana con pane casereccio : è questo senza dubbio il loro punto di forza.
Ma, a seconda del volgere del calendario, sanno anche offrire dolci, cioccolato, insomma tutto un mondo di delizie accuratamente selezionate e proposte.
In fondo il cibo di strada diventa un rito. Un momento di socializzazione, dove volano i commenti , le battute, le osservazioni e le informazioni.
Diego è divenuto un testimonial-assaggiatore, spesso invitato dalla trasmissione l'Italia del Gusto a commentare le eccellenze dei diversi territori ospiti.


Diego e Katia ci accompagneranno nel viaggio lungo tutto lo stivale, emozionante e coinvolgente, alle radici della cucina italiana più verace, semplice e generosa, fatta di pochi ingredienti poveri, quella che ha nutrito il popolo per secoli. “Le bevande e le pietanze dello “street food all’italiana” testimoniano una grande storia, ricca di umanità e creatività: ve la raccontiamo attraverso i tanti protagonisti che abbiamo incontrato. Non certo “cuochi d’artificio” che vogliono stupire con effetti speciali, ma “food maker” che difendono con caparbietà e orgoglio i loro cibi di strada. Donne e uomini che ogni giorno aprono le loro botteghe e i loro chioschi, ove con immutata passione impastano, infornano, friggono, bollono, arrostiscono, regalandoti un sorriso o un moto d’arguzia.
Oggi è di gran moda parlare di cibo di strada senza però indagarne le origini e rivalutare le tradizioni locali che l’hanno originato. “ ( “Street food all’italiana – Il cibo di strada da leccarsi le dita” di Clara e Gigi Padovani, edito da Giunti )